Domenico Sica è morto, Corriere: “Indagò su tutti i più importanti misteri d’Italia”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Ottobre 2014 - 13:57 OLTRE 6 MESI FA
Domenico Sica è morto, Corriere: "Indagò su tutti i più importanti misteri d’Italia"

Domenico Sica e Giovanni Falcone

ROMA – Domenico Sica, ex sostituto procuratore e commissario alla lotta alla criminalità organizzata, si è spento all’ età di 82 anni. Indagò su P2, attentato al Papa, terrorismo.

Scrive Alessandro Fulloni sul Corriere della Sera:

Il suo operato divise assai, politici, giornalisti, colleghi. Ebbe detrattori e sostenitori. «È stato un grande investigatore, un personaggio della storia d’Italia, un maestro», dice di Sica l’ex giudice Ferdinando Imposimato, anch’egli protagonista di quel periodo all’Ufficio istruzione di Roma e ora presidente onorario della Cassazione. «Era instancabile – prosegue Imposimato – Chi dice che le sue inchieste spesso finivano nel nulla è mosso solo dall’invidia. Non decideva lui l’esito».

Sposato, due figli, arrivò alla procura di Roma nel 1964, dopo un periodo di «apprendistato» all’Avvocatura di Stato. Il suo primo incarico riguardò lo scandalo del «Number One», noto locale romano finito sotto inchieste per questioni di droga.Poi, nel ‘73, ci fu il «rogo di Primavalle», atroce episodio di violenza nel quale perirono i due figli del segretario di una sezione Msi nel quartiere di Roma: Sica individuò i responsabili negli ambienti extraparlamentari della sinistra e contigui al terrorismo. E ancora: il clan dei marsigliesi, sequestri di persona, le Br. Indagò anche sulla morte di suoi due carissimi amici, il giudice Minervini e il colonnello dei carabinieri Antonio Varisco, entrambi assassinati dalle Brigate Rosse.

Dal ‘79 all’81 ebbe in mano le inchieste sull’assassinio di Mino Pecorelli, direttore dell’agenzia Op sempre informatissima su misteri e intrighi d’Italia, e sulla P2. Si occupò anche dell’attentato al Papa, della scomparsa di Emanuela Orlandi, dei misteri legati alla morte di Sindona. Poi divenne alto commissario per la lotta alla mafia «bruciando» allo sprint il giudice Falcone. Fu anche prefetto di Bologna.

Da sostituto procuratore a Roma ebbe la capacità, o i guizzi necessari, di non farsi travolgere dall’atmosfera del «porto delle nebbie», così come era chiamato il tribunale di Roma perchè qui le grandi inchieste finivano regolarmente per imboccare strade senza uscita. Appunto: la lotta la terrorismo, sia nero che rosso, ma anche certe lentezze in importanti indagini come quella sulle intercettazioni telefoniche (fine anni Settanta) «scippata» alla procura di Milano e che vide uscire discretamente dalle quinte imputati eccellenti come l’allora capo della polizia Vicari e il potentissimo Federico D’Amato, capo della sezione Affari Riservati del Viminale.

Nel 1988 il destino di Sica si incrocia con quello di Giovanni Falcone. Il magistrato antimafia si candida al posto di Alto Commissario Antimafia, ma al suo posto viene scelto Sica, scatenando le polemiche. Un secondo colpo per Falcone dopo la sconfitta nella corsa per la guida dell’Ufficio istruzione di Palermo. Del resto dell’Alto Commissariato Falcone pensava che «il ministro dell’Interno e il governo nel suo insieme hanno potuto scaricare sull’istituto la colpa delle inefficienze attribuendogli la responsabilità di ogni insuccesso» (dal libro `Cose di Cosa Nostra´ del 1991). «A lui quel ruolo non piaceva – ricorda Imposimato – perché non aveva i poteri del magistrato». Il prefetto Sica sarà poi sostituito da Angelo Finocchiaro, ultimo Commissario antimafia prima dell’abolizione dell’ufficio nel 1993. Quell’anno Sica viene mandato a Bruxelles ad occuparsi di narcotraffico. Quindi una lenta uscita di scena.