Gian Franco Massone, presunto prestanome di Renzi padre. Lui: “Io non truffo”

di redazione Blitz
Pubblicato il 22 Settembre 2014 - 15:32 OLTRE 6 MESI FA
Gian Franco Massone, prestanome di Renzi senior. Lui : "Io non truffo"

Tiziano Renzi

FIRENZE – “Non sono un truffatore. I potentati vogliono bombardare il capo del governo”. Così il padre di Renzi, Tiziano, si difende dopo le accuse di bancarotta fraudolenta, partite dalla Procura di Genova. Una lettera di scuse rivolte a parenti e amici con i quali in questi anni ha intrattenuto rapporti di lavoro. E della quale il quotidiano la Repubblica riporta ampi stralci. Mentre il quotidiano Libero è andato a cercare il presunto prestanome di Renzi senior a Masone, paese al confine tra la Liguria e il Piemonte.

Questa le lettera di scuse di Tiziano Renzi:

“Mi scuso se invado l’altrui privacy per una questione personale, ma siccome tengo a quel poco di stima che penso di avere e non avendo davanti giornalisti ma conoscenti/amici, mi preme dire che le notizie che mi dipingono come un truffatore sono basate su un fallimento di un’azienda che io ho venduto e che dopo 3 anni e qualche giorno dalle mie dimissioni da amministratore è fallita […] Ora se reato c’è stato, mi sembra, oggettivamente e logicamente difficile attribuirlo a chi la gestiva 3 anni prima. Spero e credo che si tratti di un atto dovuto, non attaccherò mai la magistratura perché credo che sia giusto non farlo, ma ci tenevo però a dirvi con la forza della serenità che non avete avuto rapporti con un bandito”.

Del resto Tiziano lo ha spiegato a tutti coloro che ha incontrato: che c’entro io se l’azienda che ho venduto è fallita tre anni dopo?

“Il babbo del premier racconta che quando ha ceduto il ramo d’azienda, la Chil girava benissimo, aveva 1 milione di euro di fatturato. Non si pensi che sia stato ceduto un ramo secco, perché quello era piuttosto il cuore dell’azienda. Da Genova però salta fuori che gli investigatori stanno vagliando altre società, oltre alla Chil Post. Si stanno in particolare vagliando i rapporti tra la Chil Post e altre società che gravitavano attorno alla ditta di distribuzione dei giornali, per valutare comportamenti pregressi che avrebbero potuto influire sul successivo fallimento. Compresa la cessione al prezzo di 3.800 euro di un ramo d’azienda alla Eventi 6, di proprietà della moglie di Tiziano e delle due figlie”.

Secondo il quotidiano Libero, Renzi padre avrebbe venduto a un prestanome, grazie al quale si sarebbe sbarazzato di un ramo pieno di debiti dell’azienda di famiglia, la Chil post appunto. Il presunto prestanome si chiama Gian Franco Massone, ha 75 anni ed è originario di Castelletto d’Orba, in provincia di Alessandria. Giacomo Amadori lo è andato a intervistare per Libero, qualche settimana prima che scoppiasse lo scandalo per l’inchiesta. Ma l’uomo non sembra essere al corrente di nulla:

In realtà a essere sotto inchiesta è suo figlio Mariano. Lui, per la procura, è solo una vittima. Signor Massone che cosa mi può dire della Chil post? «La Chil che?» La Chil post. Lei risulta essere il socio unico. Prima era di Tiziano Renzi. «Non ne so proprio niente». Magari qualcuno ha usato il suo nome perché alla sua età non si va in galera… «Questo non lo so. Ma ora io a questi signori dirò: io ho un nome da difendere, arrangiatevi».

In questa storia l’ha coinvolta suo figlio Mariano? «Sì. Io, dopo aver ricevuto un raccomandata, sono andato con un avvocato dal curatore fallimentare e lui mi ha detto: ha fatto bene a presentarsi, ma lei non c’entra».

L’hanno messa in mezzo? «È così».

Ufficialmente Tiziano Renzi le quote della Chil post le ha vendute a lei. Secondo l’accusa l’hanno coinvolta in un fallimento pilotato. «Io dovrei andare a bastonare chi mi ha fatto questo scherzo. Mi dovevano almeno dire il perché e non hanno fatto neanche questo».

Suo figlio dove si trova ora? «Avevo un numero a cui non risponde, forse lo ha cambiato. Quando ho visto certe cose ho tagliato i ponti. Gli ho detto: sono vecchio, ho problemi di salute, devo prendere tante medicine. Io alla mia età non voglio più saperne niente. Se mi vogliono mettere in galera, io vado, anche se non ho fatto niente».

In che settore lavorava? «Marittimo. Ero ufficiale. Secondo di coperta sulle petroliere americane e sui traghetti. Ho girato tutto il pianeta».

I giornali hanno scritto che lei faceva l’ambulante. «L’ambulante io? Qui siamo fuori dal mondo. Io ho lavorato una vita sulle navi, ho faticato e ora mi trovo in mezzo a queste cose».

Tiziano Renzi lo conosce? Le ha ceduto la Chil post… «Ma come ha fatto? Mi sembra di averlo visto una volta che è passato di qua prima di andare a casa. Mio figlio mi aveva detto di portargli del pesto genovese al casello dell’autostrada. Non so altro. Non so neanche dove abiti».

È una testa di legno? «Io non sapevo quello che succedeva. Forse mio figlio mi ha fatto mettere delle firme. La verità è che in Italia colpiscono gli onesti, chi ha il pelo sullo stomaco non lo beccano mai».

Conosce l’amministratore della «sua» società, Antonello Gabelli? «Gabelli, io di ’sto Gabelli ne ho sentito parlare. Credo di averlo visto una sola volta. Abitava ad Alessandria». Lei non ha fatto affari con nessuno? «Esatto. Sono andato in pensione e poi sono uscite tutte queste cose».

Quindi non è né un imprenditore né un commerciante? «È la verità».

Eppure risulta essere uno dei soci della Delivery service, una cooperativa di Firenze. «Di Firenze?». Sì, lei ha una cooperativa di distribuzione a Firenze… «Io? È un altro mondo. Io sono uno che non farebbe male a una mosca. Ma se dovessi andare in mezzo a qualcosa…».

Nel dicembre 2010, il giorno della compravendita di Chil post, davanti al notaio chi c’era? «Le posso assicurare che non ho mai incontrato Tiziano Renzi».

Suo figlio le ha fatto firmare una procura? «Probabilmente sì. Ma non capisco perché mi abbiano fatto una cosa del genere. Io ho 75 anni e ho lavorato tutta la vita come una bestia. E sa che cosa mi trovo ora in mano? Un pugno di mosche. Io non pensavo di arrivare sino a questo punto. Quando sono andato in pensione l’armatore in persona mi ha chiamato a casa (si commuove ndr) per chiedermi di continuare o di trovargli uno come me. Per dirle che persona ero».

Ha vissuto momenti peggiori di questo? «Sulle coste del Giappone, abbiamo preso un tifone che è durato 3 giorni e 3 notti. Vento a 2-300 all’ora, onde alte come palazzi. Lì ci siamo rassegnati, abbiamo detto: è finita. Una nave russa si è spezzata in due e noi invece ci siamo salvati. È stato un miracolo».