Gloria Rosboch, “colomba” uccisa da un “triangolo diabolico”

di redazione Blitz
Pubblicato il 22 Febbraio 2016 - 14:13 OLTRE 6 MESI FA
Gloria Rosboch, "colomba" uccisa da un "triangolo diabolico"

Gloria Rosboch

IVREA – Gloria Rosboch, la “colomba” uccisa da un “triangolo diabolico”: con queste parole Francesco Sapegno su La Stampa definisce la professoressa piemontese ammazzata il 13 gennaio scorso, per il cui omicidio sono stati arrestati l’ex allievo Gabriele Defilippi, di 22 anni, il compagno di questi Roberto Obert, di 54 anni, e la madre di Defilippi, Caterina Abbattista, accusati omicidio premeditato e concorso in omicidio, oltre che di truffa.

L’omicidio, infatti, gira intorno ai 187mila euro che la professoressa di francese ha consegnato a Defilippi, il suo allievo prediletto. Tanto prediletto che quando arrivò all’appuntamento per consegnargli tutti i risparmi della sua famiglia Gloria si fece bella: indossò il suo abito migliore e andò dal parrucchiere, racconta Sapegno su La Stampa:

“Prima di uscire, aveva dato un bacio al papà: «Torno fra 20 minuti». Aveva preso il vestito buono, quello della messa, era andata dal parrucchiere perché voleva i capelli un po’ più mossi, ed era sparita. Era il 13 gennaio. Adesso, quegli orchi che lei non aveva saputo riconoscere hanno trascorso la prima notte in una camera di sicurezza dei carabinieri di Ivrea, dopo che il corpo senza vita dell’insegnante è stato ritrovato in un fosso di Rivara, vicino a una cascina. (…) Gloria Rosboch è morta senza capire la malvagità degli essere umani. Lei non poteva capirla: «Hanno ammazzato una colomba», dice il suo avvocato, Stefano Caniglia.

Eppure, l’allievo e la professoressa avevano una cosa in comune, questo paese seduto sotto a una collina nella piana di campi tagliati da una sola strada diritta e polverosa, con le sue villette degli Anni Sessanta e i giardini curati come puffi, questo paese da dove lui voleva scappare e lei era destinata a viverci, nell’umile e ordinato perimetro della sua semplicità, con i vecchi vestiti ripiegati nel cellophane dentro i cassetti dell’armadio, i centrini sulla tavola per mangiare, il comodino con la sveglia e la tappezzeria di fiori e dolci arabeschi della camera da letto.

(…) Gloria Rosboch era questo che rivoleva indietro quando si è accorta di essere stata truffata nell’illusione di una vita troppo distante dalla sua esistenza: rivoleva la mesta tranquillità delle sue abitudini, in questa casa di porcellana dove la polvere non si posa mai, i dolci silenzi delle serate senza niente da fare davanti alla tv, questi giorni senza ambizioni alla finestra di un paese, dove, come raccontano al Bar Bistrot, «ci conosciamo tutti senza conoscerci».

(…) Era una donna così mite, così indifesa di fronte agli orchi che la stavano aspettando, che disse subito che lei non voleva mandare in carcere nessuno, «mi dispiacerebbe troppo. Vorrei solo riavere indietro i soldi». Viveva in una sua bolla, sospira Caniglia, così contenta di quel che aveva, che riesce difficile capire come mai volesse seguire il suo allievo ad Antibes, lontano da questo paese, da questa casa di porcellana, dove la notte di Capodanno festeggiava sempre solo assieme ai genitori, come racconta papà Ettore, «andando subito a letto a mezzanotte».

(…) Per trovarla i suoi assassini hanno dovuto andare alla scuola. Lei si era fatta bella perché aveva già deciso di perdonare chi le aveva portato via i soldi. Muoiono così le colombe. Non capiscono la cattiveria del mondo”.

La semplice ingenuità di Gloria Rosboch è raccontata anche su la Repubblica da Paolo Griseri, che descrive un altro dettaglio di quella vicenda:

“Un piccolo appunto. Un foglio con una scrittura precisa, di quelle “à la moda veja“, all’antica, come raccontano di lei i colleghi. Su quel foglio, in un giorno di ottobre del 2014, Gloria Rosboch, insegnante di appoggio di francese, scrive il suo sogno e, ormai si sa, firma la sua condanna a morte. «Bonjour monsieur, plaisir de vous connaitre. Je suis G.R., assistente de D.G.». Così avrebbe detto lei, nell’ufficio di una società di Antibes, quando sarebbe venuto il Momento. Quando sarebbero andati con Gabriele ad aprire una nuova azienda per vivere lontani dal piccolo mondo italiano e dai momorii di paese. Un fuga dai costumi di provincia: per Gloria Rosboch Antibes è il miraggio, l’approdo per cambiare finalmente vita, quel che Rouen fu per Madame Bovary.

Il Momento lei lo vagheggia, lo ricostruisce nella mente, se lo pregusta, lo appunta sul foglio: «Je suis de la Globrix corporation. Maintenant on irà chez le notaire…». Si va dal notaio a firmare l’atto di fondazione. Da ieri la realtà della cronaca è molto diversa. Perché è stato proprio “D.G“, Gabriele Defilippi, “le chef administrativ“, a uccidere “G.R.“, “l’assistente“.

Gabriele Defilippi non sogna in francese. (…) Gabriele sa che la seduzione è la sua arma vincente. Lo sa anche sua madre, Caterina, infermiera in ospedale. È lei che lo copre e forse lo aiuta anche a nascondere l’omicidio. Gloria, 27 anni più di Gabriele, è fragile, molto fragile. Lui le costruisce il paradiso artificiale della fuga in Francia. Lei, 49 anni, lo ammetterà solo dopo la disillusione: «Era così suadente. Riusciva sempre a convincermi».

Non è vero. Gabriele non era sempre suadente. Poteva, anzi, essere molto duro. Soprattutto se inseguiva il suo sogno vero, quello dei soldi: i 187 mila euro risparmiati dalla famiglia Rosboch.

Lei esitava, non voleva svuotare quel conto corrente. I genitori resistevano. Lui le mandava messaggi di fuoco: «Ma porca miseria! Chiama il direttore di banca e convincilo». Lei esegue. (…) Lui promette che serviranno al loro sogno. (…) Ma dopo il giorno della valigetta il sogno crolla. Cessano di colpo i messaggini alla «dolce Glo», spariscono le frasi a effetto. Il ragazzo si eclissa, Gloria comincia a tornare alla dura realtà. Ci vorranno mesi prima che si decida a denunciare la truffa del suo Gabriele: «Non volevo fargli del male ». Dei soldi non si trova traccia. (…) Lei continua a cercarlo. Va dalla madre di Gabriele ma lei lo nasconde: «Non so dove sia mio figlio. Abbiamo litigato. Non lo sento da tempo». (…) Per 37 giorni Gabriele e la madre hanno dissimulato. Lui ha sperato di passare per un semplice truffatore, non per un assassino. Ma il suo mondo, piano piano, ha cominciato a crollare”.

Tutto per quei soldi, quindi. E adesso è caccia proprio a quei soldi, al movente, che dovrebbe trovarsi in una cassetta di sicurezza di una banca di Forno Canavese (Ivrea), spiegano Ottavia Giustetti e Paolo Griseri su la Repubblica. Ma dove sono finiti quei soldi?

 

«Li ho dati a Roberto – ha risposto Gabriele confessando il delitto – perché lui è più esperto di me in queste cose. Li ha messi da parte e mi ha dato i primi 50mila euro per le mie necessità ». Tanti soldi: «Quando Gloria me li ha consegnati in auto non ci potevo credere. Non avevo mai visto tanti biglietti». Obert non conferma.

Ma Gabriele insiste: «Andate a cercare nella sua cassetta di sicurezza». È quel che questa mattina il pm, Giuseppe Ferrando, e i carabinieri faranno appena aprirà la filiale. Cercano i 257 biglietti da 500 euro che dovrebbero essere rimasti nelle casse del complice”.