“Il marcio nei lavori pubblici scoperto con 50 anni di ritardo”, Vittorio Feltri

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Marzo 2015 - 08:58 OLTRE 6 MESI FA
Il marcio nei lavori pubblici scoperto con 50 anni di ritardo

Lupi e Alfano (LaPresse)

ROMA – “Il marcio nei lavori pubblici scoperto con 50 anni di ritardo” è il titolo dell’articolo a firma di Vittorio Feltri sul Giornale. “Il ministero dei Lavori pubblici fa gola a tutti. Chi se ne impossessa gode e gli altri stanno a guardare, gonfiandosi di invidia. Non stupisce che Maurizio Lupi, ciellino, ex Forza Italia e ora Ncd (Nuovo centrodestra), sia stato costretto a sloggiare.”

Lui stesso si è cacciato nei guai fornendo alla maggioranza il pretesto per invitarlo perentoriamente a togliersi di mezzo. La vicenda è nota. Pur non indagato, Lupi è stato intercettato al telefono e si è scoperto un suo altarino antipatico: egli ha raccomandato il figlio ingegnere affinché trovasse un posto, peraltro modesto, stipendio misero, 1.300 euro mensili, pare. Inoltre, il ragazzo avrebbe ricevuto in dono un Rolex e un abito. Robetta. Però sufficiente per accusare l’ormai ex ministro di aver approfittato del proprio ruolo istituzionale allo scopo di ottenere favori.

Veniali o gravi, i peccati sono peccati e, se accertati, si pagano cari. Perché? L’obiettivo di ogni politico è la poltrona. Per la conquista della quale scoppiano guerre fratricide. Lupi ci ha rimesso le penne e non poteva essere diversamente: la sua cadrega era troppo importante e a molti non è parso vero di fargliela perdere nella speranza di occuparla. In sintesi, questo è successo. Occorre precisare che i lavori pubblici sono da sempre nell’occhio del ciclone, e vediamo di spiegare perché. In Italia le opere statali (dalle più piccole alle più grandi) costano mediamente il doppio o addirittura il triplo rispetto ad altri Paesi europei, e i tempi di esecuzione sono assai lunghi, troppo lunghi per non incidere sulla spesa finale, alzandola a dismisura. Il sospetto che qualcuno ci marci è fondato? L’esperienza insegna che gli appalti, a causa di regole contorte e interpretabili in mille maniere (non tutte oneste), si prestano a imbrogli: spesso se li aggiudica l’impresa che sgancia tangenti. Nel caso di Lupi, non è corretto affermare ci sia sotto un giro di corruzione. Bisogna aspettare la conclusione dell’inchiesta. Ma il dubbio è gigantesco. Infatti, il funzionario deus ex machina del ministero, Ercole Incalza, è già finito agli arresti nell’ambito delle indagini che hanno provocato le dimissioni – incoraggiate da Renzi – del ciellino.

Incalza, nonostante abbia superato l’età massima per il ruolo ricoperto, continuava a menare il torrone: gli appalti erano dominio suo. Secondo le carte giudiziarie, costui avrebbe maneggiato (talvolta incassato, probabilmente) cifre impressionanti, centinaia di milioni. Avrà avuto dei complici. A noi qui non interessano gli aspetti investigativi, bensì quelli politici. L’arrestato capeggiava la struttura da decenni e mai nessuno (eccetto Antonio Di Pietro) si è sognato di cacciarlo. Era stimato, vezzeggiato, corteggiato e soprattutto immancabilmente confermato signore e padrone degli appalti. Solo adesso la magistratura si è accorta che non era e non è uno stinco di santo. E questo, passi (…)