Italia. Marco Fortis: 20 anni di tasse, austerità, bilancio ok ma dissanguata…

Pubblicato il 27 Agosto 2014 - 06:55 OLTRE 6 MESI FA
Italia. Marco Fortis: Bilancio in ordine ma dopo 20 anni di tasse è dissanguata

Marco Fortis ha scritto sul Messaggero: l’Italia ha accumulato 700 miliardi di avanzo primario in 20 anni, ma le troppe tasse ci hanno dissanguato e l’austerità…

ROMA – Se il Pil in Italia non cresce, ha scritto Marco Fortis sul Messaggero,

“non è perché le nostre imprese manifatturiere non riescono ad esportare, ma perché continua ormai da troppo tempo la lotta sovrumana dell’Italia col mostro del debito pubblico fatta prima con un po’ di privatizzazioni e poi solo con continui aumenti di tasse (quasi 700 miliardi di avanzo primario cumulato dello Stato dal 1992 al 2013).

È una lotta che per venti anni ha depresso la crescita dissanguando potere d’acquisto e consumi e poi, durante questa crisi, ha concentrato troppa austerità in poco tempo.

L’austerità ha generato un autentico crollo della spesa privata e degli investimenti, cui ha fatto seguito anche quello della produzione nazionale per il mercato domestico.

Per queste ragioni servono ora più che mai le riforme e la spending review: perché non possiamo più sacrificare oltre il nostro potenziale di crescita sull’altare di una incompleta (ancorché in continua tensione) opera di stabilizzazione dei conti pubblici.

Con in più la beffa di essere sempre considerati – noi con l’avanzo primario più alto – quelli con i conti fuori posto. Certo, il compito non è facile perché il nostro Pil è ancora frenato.

Troppe imprese sono morte durante la crisi e la crescita di quelle rimaste richiederà anni ed anni per riportare la produzione ai livelli precedenti: bisogna farsene una ragione anziché prendersela con gli imprenditori sopravvissuti che stanno facendo del loro meglio per crescere.

È come se fossimo usciti da una guerra e serve ora una ricostruzione, innanzitutto economica. Se le riforme renderanno più competitivo il sistema-Italia sul piano della burocrazia e della giustizia civile, se lo Stato farà i sacrifici che deve fare, se la fiducia ripartirà e con essa i consumi e gli investimenti domestici, anche le nostre imprese esportatrici, già forti, se ne gioveranno.

E con le riforme potranno aumentare anche gli investimenti stranieri nel nostro Paese (specie in settori come la farmaceutica e l’elettromeccanica) che già negli ultimi anni sono stati importanti.

L’Italia è un grande Paese produttore-esportatore. Tra i Paesi del G-7 dal 1999 al 2013 la quota di mercato dell’Italia nell’export mondiale, nonostante tutte le difficoltà, è quella diminuita percentualmente di meno dopo quella della Germania, mentre esplodeva il fenomeno della Cina come nuova “fabbrica del mondo”.

Nel 2013 il surplus manifatturiero italiano con l’estero si è confermato il quinto assoluto (dopo Cina, Germania, Giappone e Corea), toccando un nuovo record storico di 131 miliardi di dollari.

Tra il 2010 e il 2013 la bilancia commerciale complessiva italiana è passata da un deficit di 30 miliardi di euro ad un surplus di 30 miliardi: la migliore performance dell’Ue.

Nei primi cinque mesi del 2014 , nonostante le recenti difficoltà geo-politiche e il rallentamento dei commerci, la nostra bilancia commerciale è ancora quella migliorata di più nell’Ue in valore assoluto (+5,9 miliardi)”.