La scuola coranica nel municipio di Roma. Giacomo Amadori, Libero

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Settembre 2014 - 10:00 OLTRE 6 MESI FA
L'articolo di Libero

L’articolo di Libero

ROMA – “A Roma – scrive Giacomo Amadori su Libero – si può indottrinare al Corano, come in una madrasa di Kabul, bambini di sei-sette anni, con copricapi e veli religiosi, sotto gli occhi del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano”.

L’articolo completo:

È quello che succede in via di Acqua Bullicante 2, quartiere di Tor Pignattara, dove l’ex sala del consiglio del VI municipio (oggi V) da un mese è stato trasformato in centro islamico e moschea per volere del presidente Giammarco Palmieri, 41 anni, dal 1991 iscritto al Pds-Ds-Pd. Nella sala ci sono ancora le scrivanie con microfono dei consiglieri e il ritratto di Napolitano incorniciato tra le bandiere di Roma e dell’Italia.

Giovedì 28 agosto una decina di bambini trascrivono diligentemente in arabo i versi del Corano. I ragazzini sono quasi tutti originari del Bangladesh, tranne un piccolo pakistano che parla l’urdu. Lo striscione all’ingresso della “moschea” è scritto in bangla, l’idioma bengalese. Riporta il primo versetto del Corano e di seguito il nome dell’”associazione culturale islamica Tor Pignattara Jame Masjd”.

Benvenuti a Roma Sud, in un quartiere che ormai è una piccola enclave del Bangladesh. Una comunità di 4 mila persone che per l’80 percento sono musulmane e hanno importato nella Capitale usi e costumi bangladesi. Corano compreso. Qui i bambini lo studiano a memoria. L’estate dalle 10 del mattino alle 13 e dalle 17 alle 20.

D’inverno solo il pomeriggio,dopo la scuola pubblica. Sembra di essere a Dacca, invece siamo, come recita un sito Facebook, a «Tor Pignattara a du’ passi dar centro» (per l’esattezza 6,7 chilometri dal Colosseo).

Gli insegnanti della moschea con l’immagine di Napolitano sono due uomini barbuti. Il più vecchio è un imam vestito di bianco ed è diffidente. Inizialmente ci presentiamo come aspiranti studenti di arabo.

Chiediamo di poter fotografare la sala per immortalare il curioso accostamento tra scuola coranica e Tricolore, con tanto di immagine del Presidente. L’imam ci nega il permesso.

Napolitano osserva pensieroso quell’aula pubblica trasformata in un angolo di Islam.

Il docente più giovane, Kawsar, 40 anni, topi (il copricapo religioso) e occhialini, è disponibile a dare ripetizioni di Corano nella lingua del Profeta: «A patto che prima delle lezioni facciate la doccia, laviate le braccia, il capo, la bocca, il naso».

(…) In terra al posto dei tappeti ci sono teloni di plastica blu. Durante le litanie un omino rubicondo e con lo sguardo guizzante avvicina i cronisti: «Chi siete e che cosa fate qua? Ve lo ha permesso l’imam? Ma lui non conta niente». E ci conduce all’esterno.

Un egiziano che prega con i bangladesi si rammarica per il trattamento e ci consiglia di andare a Centocelle per trovare migliore accoglienza: «Ci sono persone meno rigide» dice, scusandosi. Fuori dalla porta, compulsando su Internet fonti ufficiali, scopriamo che il Bangladesh è la quarta nazione al mondo per numero di musulmani (130 milioni), da tempo sull’orlo della guerra civile.

(…) Intanto nella moschea la preghiera è finita. A uscire per ultimo è il “buttafuori” che ci ha allontanato pochi minuti prima.

È Alì Ambar in persona, il fondatore dell’associazione. Ha 51 anni e da più di venti vive in Italia. Alì in questi giorni è particolarmente impegnato a trovare una nuova sede per il suo centro, visto che il permesso per pregare nella sala consiliare scade proprio oggi: «Chiederemo una proroga al Municipio», spiega. «La fila per utilizzare l’aula è, però, lunga e forse sarebbe più opportuno impegnarla per attività diverse dall’indottrinamento religioso e dall’insegnamento di un libro che predica il jihad, la Guerra santa» commenta Fabrizio Santori, consigliere regionale della Destra, particolarmente impegnato in questo territorio.

(…) Poco distante sorge un altro centro culturale islamico, il “Masjeed-e-Rome”.

Si tratta di un’importante scuola coranica. Qui studiano il libro sacro di Maometto 150 bambini tra i 5 e i 15 anni. Sono tutti bengalesi a parte 2-3 pakistani. Uno degli insegnanti ci indica fiero Alpona e Colpona, due bimbe di 6 e 7 anni: «Sanno a memoria tutte le sure del Corano, mentre il fratello Abdul Hakim, 15 anni, conosce l’intero libro».

Le piccole, con i visetti avvolti nei veli (hijab) annuiscono soddisfatte. Dentro, seduti a terra di fronte a piccoli banchi, decine di bambini ascoltano un compagno leggere a voce alta, per poi ripetere in coro. Il nome di Allah suona forte nello stanzone dalle pareti sporche e scrostate.

Riflettiamo sui severi standard che devono rispettare i nostri asili e abbiamo la sensazione di trovarci in un altro Continente. Il direttore Mizanur Rahman, 51 anni e una lunga barba brizzolata, ci accoglie con gentilezza.

Dice di lavorare in un’agenzia di viaggi e di fare l’imam. Sul tavolo ha il Corano, come tutti i ragazzini più grandi. I piccoli hanno dei libriccini con una delle 30 parti del sacro libro. La sala è mal illuminata e polverosa. I tappeti sudici e sdruciti. I bambini allegri e colorati. È difficile credere di essere a Roma (…)