La lezione del giovane Beckham. Giordano Tedoldi, Libero

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Maggio 2014 - 13:03 OLTRE 6 MESI FA
L'articolo di Libero

L’articolo di Libero

ROMA – “La lezione del giovane Beckham” titola Libero. “Cameriere per 3 sterline l’ora. Brooklyn, il 15enne che fa sbiadire tutti i figli di…” scrive Giordano Tedoldi.

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In Inghilterra che un quindicenne lavori nel fine settimana in un caffè di Londra non fa notizia. L’idea del lavoro in età precoce per la patria di Dickens, lo scrittore dei ragazzini adulti (e viceversa) e nella City degli affari e delle università economiche in cui insegnava il profeta del libero mercato, Karl Popper, non scandalizza nessuno.

Certo, se il quindicenne in questione è Brooklyn Beckham, il maggiore dei quattro eredi della coppia Davide Victoria Beckham (patrimonio stimato di 260 milioni) perfino i giornali inglesi riportano la notizia, ma con disinvoltura, come segnalando una piccola attrazione turistica: sappiate che in un certo caffè di West London, sabato e domenica, c’è il figlio di Beckham che serve ai tavoli per 2 sterline e mezza l’ora, circa tre euro.

E non si tratta di una punizione dei facoltosi genitori al figlio per qualche mancanza o inclinazione pericolosa, è una scelta, riferiscono le cronache, maturata di comune accordo. I genitori sono felici di insegnare al giovane «il valore dei soldi guadagnati con un duro lavoro», il ragazzo è entusiasta di «guadagnarsi i suoi soldi e farsi da sé».

Nessun rischio che Brooklyn Beckham pensi che la sua realizzazione personale passi per i tè portati ai clienti del bar londinese di cui non viene fatto il nome: soltanto due mesi fa è apparso nella sua prima copertina, per la rivista Man About Town, col ciuffo scolpito dal gel come lo portava il padre David, presumibilmente non a titolo gratuito.

Né si può pensare che i coniugi Beckham abbiano intenzione di imporre un’educazione spartana, visto che anche il fratello minore di Brooklyn, Romeo di 11 anni, ha esordito l’anno scorso come modello nelle pubblicità della firma Burberry. Ma in fondo anche quello è un lavoro, mentre di solito i figli delle celebrità finiscono sui giornali o nascosti dalle madri apprensive come se fossero perenni bersagli mobili, oppure all’uscita da locali alla moda ma misteriosamente squallidi, con l’aspetto sconvolto di chi ha mescolato e ingerito sostanze incompatibili.

Invece, Brooklyn e Romeo, finora, l’unica cosa che hanno in comune con le giovinezze recluse o dissipate dei loro colleghi, è il nome ridicolo. Abbiamo cercato infatti altri casi comparabili, di figli di personaggi famosi che prima ancora della maggiore età si siano messi a lavorare, dedicandosi a lavori modesti come servire ai tavolini di un bar, e non ne abbiamo trovati. In Italia Brooklyn Beckham che fa il barista non può che destare ironie, sospetti («è tutta pubblicità», figurati) comunque l’accusa di malafede. Se un ragazzo di quindici anni, figlio di una tra le coppie più ricche del mondo, si mette a fare il cameriere ci dev’essere del marcio. Gianni Agnelli entrò in Fiat a 45 anni anche perché, secondo un aneddoto, seguì il consiglio del nonno: spassarsela prima di assumere responsabilità lavorative.

Se la storia non è vera, è comunque ben trovata e rispondente al carattere nazionale. Gli altri eredi di casa Agnelli si sono impegnati un po’ prima, ma comunque entrando dalla porta principale, o, come nel caso dell’ineffabile Lapo, con una sostanziale concessione di anarchia comportamentale, come un cavallo focoso lasciato a briglia sciolta, col rischio che si spezzi la schiena sul primo ostacolo.

Possiamo affermare che il valore di un’esperienza lavorativa umile, a contatto con la gente comune e non, in prima battuta, con presidenti di consiglio d’amministrazione e banchieri, non rientra nell’educazione dei rampolli nostrani. E forse è proprio qui il significato più nobile della scelta dei Beckham: la normalità.

I figli delle celebrità, gli altri intendiamo, italiani o stranieri, li riconosci subito perché hanno l’occhio sbarrato, la pelle ha un colorito sintetico, e non sempre ciò deriva da fattori chimici, ma dal fatto che hanno vissuto una realtà irreale.

Si svegliano la mattina e tutto è artificioso, rarefatto, una vita extraterrestre. Anche quando riescono a non distruggersi, sembrano automi.

Il calore umano di servire cappuccini a tre euro l’ora può essere un ottimo antidoto al finire spazzati sulle nuvole dal vento della celebrità e della ricchezza,più che il primo dollaro sulla via che porterà al deposito di Paperone. Comunque noi non rischiamo imitazioni: semmai un quindicenne riuscisse a sfuggire la sorveglianza soffocante di mamma e papà e della loro zuppa di latte, per tre euro l’ora i sindacati denuncerebbero lo sfruttamento minorile e il diritto a un’adolescenza normale, cioè parassitaria.