Sulla lite Travaglio-Gasparri si scomoda la Consulta, Arturo Saitta su Libero

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Febbraio 2014 - 11:25 OLTRE 6 MESI FA
Sulla lite Travaglio-Gasparri si scomoda la Consulta, Arturo Saitta su Libero

Sulla lite Travaglio-Gasparri si scomoda la Consulta, Arturo Saitta su Libero

ROMA – “Sulla lite Travaglio-Gasparri si scomoda la Consulta”, è il titolo dell’articolo di Arturo Saitta su Libero:

Corte Costituzionale, altrimenti nota come Consulta. Ovvero, i magistrati italiani nel loro massimo grado di competenza e autorevolezza, i giudici dei giudici.E la Corte Costituzionale dovrà occuparsi nientemeno che di un conflitto tra Marco Travaglio, il giornalista,e Maurizio Gasparri, il senatore. Cose che capitano nel Paese in cui tutti dicono che la giustizia non funziona, e forse almeno un motivo è stato ora individuato. La storia. Sei anni fa,non due o tre mesi fa, nel maggio del 2008, Giuseppe D’Avanzo scrive un articolo su Repubblica occupandosi di Travaglio.

Il giornalista (Travaglio, non D’Avanzo) avrebbe soggiornato in un albergo siciliano e non avrebbe pagato il conto grazie ai buoni uffici di Giuseppe Ciuro, detto Pippo, maresciallo della Guardia di Finanza poi condannato a quattro anni e otto mesi di reclusione per favoreggiamento personale aggravato, accesso abusivo al sistema informatico della Procura di Palermo e rivelazione aggravata di segreti d’ufficio.

La facciamo breve: Ciuro, che in passato condivideva l’ufficio con il Pm Antonio Ingroia, avrebbe avuto frequentazioni poco onorevoli. Cattive frequentazioni. E si sarebbe attivato in favore di Travaglio, il giornalista inflessibile, il censore, il paladino del giustizialismo. Tant’è vero, scrive D’Avanzo,che quel conto alla fine sarebbe stato pagato da Michele Aiello, re della Sanità siciliana, a sua volta condannato dal Tribunale di Palermo a 14 anni di reclusione per associazione di tipo mafioso. Roba di coppole.

D’Avanzo scrive. Gasparri rilascia le sue dichiarazioni, per la verità – lo ammette lui stesso – pesanti. Ma la storia sembra essere quella. Quelle frequentazioni. Quello il contesto. Gasparri dichiara. Passa un po’di tempo e Travaglio risponde a D’Avanzo. Poi saltano fuori anche le ricevute. Travaglio ha pagato di persona. Niente albergo gratis. Scattano le querele e le richieste di risarcimento danni. Travaglio chiede a Gasparri una somma di tutto rispetto: circa trecentomila euro.

Ma Gasparri è parlamentare. Articolo 68 della Costituzione: «I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni». La questione si allarga. Ha ragione il parlamentare che invoca l’articolo 68 della Costituzione?

La giunta per le Immunità parlamentari dice: sì, ha ragione Gasparri. L’Aula, cioè il Senato, dice: sì, ha ragione Gasparri. I giudici: no ,non ha ragione.E fanno ricorso alla Corte Costituzionale per risolvere il conflitto di attribuzione. Stiamo sempre parlando di un articolo, di un conto di albergo e di dichiarazioni un po’ pesanti. Nel frattempo, Giuseppe D’Avanzo è morto. Nel frattempo, la giustizia fa il suo corso e la Corte Costituzionale deve occuparsi del fatto.

Nel frattempo, ieri, il Senato ha deciso: si costituirà in giudizio di fronte alla Consulta per resistere nel conflitto di attribuzione sollevato dal tribunale di Roma sul procedimento civile che riguarda il vicepresidente di Palazzo Madama Maurizio Gasparri.

L’articolo di Repubblica e le dichiarazioni di Gasparri sono diventati quasi un affare di Stato. E naturalmente la storia non finisce qui. Giunta la decisione della Corte Costituzionale, resterà da stabilire se Gasparri aveva torto o ragione, se ha sbagliato o meno e se Travaglio deve o meno avere il suo risarcimento. Eventualmente, a quanto ammonta questo risarcimento. Lo stabilirà il tribunale, poi ci sarà l’appello e poi ci sarà la Cassazione. E non si esclude chela Cassazione possa rinviare le carte ai giudicidi primo o secondo grado facendo ripartire il tutto. Fra una decina o ventina di anni scriveremo un altro articolo sulla vicenda. E nel frattempo altre migliaia di articoli per raccontare che la giustizia italiana proprio non funziona. Ma non chiedetevi perché.