“Luigi Frati, il più potente (e discusso) rettore d’Italia”, Sebastiano Messina

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Agosto 2014 - 10:01 OLTRE 6 MESI FA
"Luigi Frati, il più potente (e discusso) rettore d'Italia", Sebastiano Messina

Luigi Frati (LaPresse)

ROMA – L’irresistibile ascesa di Luigi Frati, figlio di un minatore diventato il più potente (e discusso) rettore d’Italia. Fino alla denuncia della questura di Roma. Dagli affari di famiglia alla lite con la polizia l’ultima stagione del ras della Sapienza.

Scrive Sebastiano Messina su Repubblica:

Non sappiamo ancora se sarà ricordato come il difensore della libertà di volantinaggio — per aver tentato di sottrarre ai poliziotti quel rumeno che per dieci euro distribuiva volantini anonimi contro un professore che ha osato candidarsi a prendere il suo posto — o come il primo rettore che ha gridato «polizia di merda!» in un commissariato. Quel che è certo è che Luigi Frati, «fino al 31 ottobre rettore della Sapienza», come lui si è firmato scrivendo al questore per sottolineare chi stavano denunciando, dovrà difendersi dalle accuse di abuso d’ufficio, resistenza a pubblico ufficiale e calunnia.

Non se l’era immaginata così la sua ultima stagione, il figlio di un minatore che è diventato il più potente cattedratico d’Italia, per vent’anni preside e dominus assoluto della facoltà di Medicina e per altri dieci — prima come pro-rettore vicario e poi come rettore — al comando della Sapienza, restando inchiodato alla sua poltrona persino dopo il pensionamento. Finora aveva sempre pensato a salire sempre più in alto, dal giorno in cui suo padre lo portò con sé in miniera, come apprendista: «Avevo 14 anni e mi occupavo di dare l’acqua ai minatori » raccontò una volta al Messaggero . «Un paio di mesi mi sono bastati. Ho scoperto l’esistenza dell’ascensore sociale: o vai giù o vai su».

E lui l’ascensore l’ha preso al piano giusto, quello della politica. A 36 anni, grazie al sindacato cislino Federscuola, si fa nominare — lui che è solo un docente incaricato — nel Consiglio universitario nazionale. Ci rimarrà per 21 anni («Ho messo in cattedra più di 200 professori », ama vantarsi) mentre il suo ascensore comincia a salire. Primo piano, la cattedra di Patologia generale alla Sapienza. Secondo piano, la vicepresidenza della Commissione unica del farmaco. Terzo piano, la presidenza del Consiglio superiore di Sanità. Quarto piano, il posto di primario di Oncologia.
Arrivato al quinto piano — preside della facoltà di Medicina — Frati mette radici e ci rimane per vent’anni esatti. Risulta abilissimo nella moltiplicazione delle cattedre: con lui il Policlinico arriva ad avere un primario ogni sei pazienti e un consiglio di facoltà più affollato della Camera dei deputati: 700 membri.

Già che c’è, Frati fa prendere l’ascensore anche alla moglie, Luciana Rita Angeletti, insegnante di lettere in un liceo: per lei c’è una cattedra di Storia della Medicina. Poi fa salire anche la figlia maggiore, Paola. Lei, discoletta, aveva voluto laurearsi in Giurisprudenza, ma il comprensivo papà non si è arreso: oggi è ordinaria di Medicina legale. Restava Giacomo, il secondogenito. Poteva il padre la- sciarlo fuori dall’ascensore? Certo che no. Anzi, proprio per lui Frati — che intanto nel 2008 è salito di un altro piano, il sesto, quello di rettore dell’Università — realizza il suo capolavoro: accompagnarlo fino alla poltrona di primario prima che compia 37 anni.

L’impresa merita di essere raccontata. Il giovane Giacomo vuol fare il cardiochirurgo. E naturalmente ci riesce. Ricercatore a 28 anni, diventa professore associato a 31. Vince il concorso con una prova (orale) sui trapianti cardiaci, davanti a una commissione composta da due igienisti e da tre odontoiatri. A quel punto il premuroso padre riesca a ottenere l’apertura di un centro di cardiochirurgia a Latina (costo: 32 milioni) dove il giovanotto diventa aiuto primario. L’esperimento non riesce e il centro verrà chiuso, dopo la scoperta che la mortalità era pari a due volte e mezza la media nazionale.

Ma intanto Giacomo ha vinto anche il concorso a ordinario, e il padre lo chiama nella sua facoltà. Con un tempismo straordinario: solo quattro giorni prima che scattino le norme antinepotismo, con il divieto tassativo di assegnare cattedre ai parenti fino al quarto grado. Ora si tratta di trovargli il posto di primario. Antonio Capparelli, nominato un mese prima da Frati direttore generale del Policlinico, crea dal nulla un reparto ad personam: «Unità Programmatica Tecnologie cellulari-molecolari applicare alle malattie cardio-vascolari». E chi nomina come primario? Giacomo Frati. L’operazione è così clamorosa che la procura apre un’inchiesta, su quel reparto «di fatto voluto dal rettore Luigi Frati per favorire il figlio Giacomo», scrivono i pm Pioletti e Caporale (…)