Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Colle Oppio”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Gennaio 2014 - 08:33 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "Colle Oppio"

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Colle Oppio”

ROMA – “Siccome i sondaggi vanno maluccio” scrive Marco Travaglio, “la stampa corazziera spaccia l’indice di ascolto del Supermonito di Capodanno per l’indice di gradimento del presidente. Come se il discorso di Napolitano fosse un varietà del sabato sera”.

L’editoriale:

Naturalmente l’ascolto dice soltanto quante persone erano davanti alla tv, non quante hanno condiviso le cose dette (e soprattutto non dette). I telespettatori sintonizzati sulle reti unificate erano 9, 98 milioni contro i 9, 8 del 2012, cioè 180 mila (2 % circa) in più: un po ’ per la curiosità di sentire come Napolitano avrebbe risposto alle critiche dei suoi oppositori (prima non ne aveva mai avuti), un po ’ perché la crisi ha trattenuto in casa molta più gente dell’anno prima. Infatti lo share – calcolato sul totale dei telespettatori con la tv accesa – è calato: 53 % contro il 55 del 2012 (-2 %). Resta da capire dove mai l ’ Unità abbia tratto il dato degli “ascolti record (più 12, 2 %)”. È vero invece che il ridicolo boicottaggio di Forza Italia è fallito: ascoltare quel che ha da dire il capo dello Stato è comunque interessante, anche – anzi soprattutto – per chi lo critica: le critiche devono essere sempre motivate, non fatte a casaccio. Tutt’altra storia è il messaggio di Beppe Grillo, politicamente rilevante per i contenuti ma soprattutto per i toni, decisamente nuovi rispetto al recente passato. Non è vero che fosse la prima volta che i due messaggi si sovrapponevano la stessa sera: Grillo arringa gli italiani quasi a ogni Capodanno fin dal 1998, quando al Quirinale c’era ancora Scalfaro. In ogni caso il raffronto con Napolitano è impossibile: Grillo non ha lanciato alcun boicottaggio e soprattutto non ha a disposizione Rai, Mediaset, La 7 e Sky, ma solo il suo blog per la diretta streaming (subito saltata per eccesso di contatti) e poi youtube: in tutto quasi 1 milione di spettatori. Tutti questi numeri però rischiano di narcotizzare la gente oscurando la vera novità del Supermonito: la malcelata coda di paglia per i deragliamenti degli ultimi anni e per la versione ufficiale della rielezione, che continua a fare acqua da tutte le parti. Dopo aver mandato avanti la stampa corazziera a propinarcela in tutte le salse, Sua Maestà l’ha raccontata lui stesso l’altra sera. Ma, rivedendosi, dev’essersi reso conto che non funzionava. Così ieri s’è registrato il replay di dieci giorni fa, quando una lettera di Cossiga approdò sulle prime pagine di Stampa, Corriere e Messaggero dopo essere “uscita dall’archivio personale di Napolitano” (Marcello Sorgi dixit). Stavolta, aggirando un’altra volta i ferrei controlli dei corazzieri sull’uscio del Quirinale, è uscita a fare due passi e a prendere una boccata d’aria un’altra missiva, firmata da Sua Altezza in persona, datata 15 aprile 2013 e indirizzata a Bersani, Monti e Alfano. E si è autorecapitata al Corazziere della sera: “Cinque pagine – scrive Marzio Breda – per sgombrare ogni equivoco sulla rielezione che diversi emissari già gli avevano chiesto: sarebbe ‘ una soluzione di comodo’, una non soluzione”. E questa sarebbe la “prova documentale delle sue volontà”. Infatti il Corriere titola: “Quella lettera per evitare il secondo mandato”. Purtroppo, come si dice in Veneto, l’è pezo el tacon del buso. Per evitare il secondo mandato non c’era bisogno di scrivere lettere: bastava rifiutare la proposta indecente di B., cui si associarono Bersani, Maroni e Monti, e rispedirli tutti a votare in Parlamento, dove c’era un candidato perfetto: Stefano Rodotà, che avrebbe potuto raggiungere il quorum di 504 voti con quelli sicuri di M 5 S (162) e di Sel (44) e con i due terzi dei grandi elettori Pd (ne bastavano 298 su 452, vanificando fino a 146 franchi tiratori, ben più dei 101 mancati a Prodi). Già, ma Rodotà presidente avrebbe escluso lo sconfitto B. dalla maggioranza, scongiurato l’inciucio appena bocciato dagli elettori e propiziato il “governo di cambiamento” – magari per pochi mesi – che Bersani sbandierava ma rendeva impossibile con la sua stessa presenza. Un governo che nessuno voleva: a parte la stragrande maggioranza degli italiani, si capisce.