Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Immunodeficienza acquisita”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Giugno 2014 - 08:15 OLTRE 6 MESI FA
La prima pagina del Fatto Quotidiano

La prima pagina del Fatto Quotidiano

ROMA – “Immunodeficienza acquisita” è il titolo dell’editoriale di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano. L’editoriale completo:

Renzi: “Noi non l’avevamo prevista, se diventa un problema la togliamo”. Boschi: “Non l’ha voluta il Pd e nemmeno il governo: nel nostro testo non c’era”. Berlusconi: “Quell’idea non è nostra”. Romani: “Forza Italia non l’ha chiesta, non ci interessa, leviamola pure: l’abbiamo scoperta dai testi dei relatori Calderoli e Finocchiaro”. Calderoli: “Aboliamola sia al Senato sia alla Camera, e non se ne parli più”. Finocchiaro: “Cosa vogliono da me? Per me l’immunità non va bene così neanche alla Camera. Noi abbiamo raccolto i pareri dei partiti e dei costituzionalisti, e il governo ha vistato due volte i nostri emendamenti. Sono disgustata dallo scaricabarile”. Noi invece siamo più disgustati dal barile. Cioè dal fatto che non verrà abolito il Senato, ma le elezioni per eleggerlo; i senatori, anziché dai cittadini, saranno nominati dai partiti (tramite i Consigli regionali, quasi tutti inquisiti fra l’altro); saranno espropriati del potere legislativo (leggi costituzionali a parte) e di quello di sfiduciare i governi; saranno tutti consiglieri regionali o sindaci; però avranno l’immunità come i deputati, come se fossero scelti dagli elettori per fare le leggi, e non per fare i sindaci o i consiglieri regionali. E non solo non risponderanno penalmente né civilmente delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle funzioni; ma non potranno neppure essere arrestati o intercettati o perquisiti senza l’autorizzazione a procedere di Palazzo Madama. Questo prevede il testo definitivo della cosiddetta riforma costituzionale del Senato che sarà votato in prima lettura (su quattro) il 3 luglio. Un testo, secondo la Finocchiaro, condiviso da tutti i partiti e dal governo. Invece, secondo il governo e i partiti, non era condiviso da nessuno. In attesa che la prova del Dna accerti l’identità di Ignoto Uno cioè l’esatta paternità del mostriciattolo, tecnicamente “fijo de ‘ na mignotta” (si sospetta una relazione extraconiugale di Renzi con B. o Verdini), non resta che godersi l’ennesimo spettacolo della Banda Larga alle prese con la sua unica vera passione: l’impunità. Naturalmente nessuno, con l’aria che tira nel Paese, ha il coraggio di chiamarla col suo nome.

Così tutti mandano avanti giuristi di chiara fama, ma soprattutto fame, e firme di punta, ma soprattutto di tacco. Pigi Battista, reduce da memorabili prove di analfabetismo giuridico sulla responsabilità civile dei magistrati, spiega ai lettori del Corriere che l’immunità parlamentare è robetta: “un filtro, un argine, un contenimento” per scongiurare arresti inquinati dal “fumus persecutionis”. E pazienza se mai, dicesi mai, il Parlamento ha bloccato l’arresto di un suo membro per fumus persecutionis: per la semplice ragione che ciò presupporrebbe un accordo criminoso fra il pm, il procuratore capo (che deve avallare ogni richiesta d’arresto) e il gip (che deve accoglierla o respingerla) per perseguitare un eletto del popolo senza prove, per motivi politici. Il che oggi è impossibile, mentre non lo era nel 1948, quando fu varata la Costituzione. Battista crede (chissà chi gliel’ha detto) che i padri costituenti abbiano scritto l’articolo 68 sulle immunità per tutelare “l’equilibrio e il bilanciamento dei poteri” contro il “giustizialismo”. Balle: i costituenti – basta leggere i lavori preparatori – temevano che la magistratura uscita indenne dal fascismo senza epurazioni, dunque omologata socialmente, culturalmente e politicamente alle classi dominanti, potesse colpire le forze di opposizione (di sinistra) per compiacere i partiti di governo (sempre gli stessi, nel sistema bloccato della guerra fredda). Il pensiero andava a reati dal movente tipicamente politico: occupazioni delle terre, i blocchi stradali e ferroviari, i picchettaggi, i comizi troppo accesi, le manifestazioni di piazza non autorizzate e altri che – essi sì – si prestavano a interpretazioni persecutorie. Non si pensava certo a corruzioni, malversazioni, frodi fiscali, complicità mafiose: delitti tipici di chi esercita il potere, non certo di chi vi si oppone. Oggi se c’è un articolo superato dai tempi è proprio il 68.

Nell’ultimo ventennio infatti sia la destra sia la sinistra sono andate più volte al governo. La magistratura s’è resa sempre più indipendente dal potere. E le leggi elettorali ipermaggioritarie hanno trasformato i voti sulle immunità in prove di forza delle maggioranze sulle minoranze (salvo quando votano tutte insieme). Ora poi il governo Renzi e la sua maggioranza (un’ammucchiata di tutti i partiti, salvo M 5 S) hanno deciso di aggiornare la Costituzione: dunque non si vede perché l’unico articolo intoccabile debba essere proprio il più sorpassato, cioè il 68. Né perché mai, mentre si divaricano i poteri e la selezione di deputati e senatori, non si possa differenziarne anche il sistema immunitario. Oppure riformarlo per tutti nel modo più semplice e ragionevole: lasciando il primo comma dell’art. 68, quello sull’insindacabilità delle opinioni e dei voti; e cancellando gli altri due sull’autorizzazione a procedere per la custodia cautelare, le intercettazioni, le perquisizioni e i sequestri. Se si chiamassero i cittadini a votare, questa riforma raccoglierebbe un plebiscito: vedremo chi, di qui al 3 luglio, avrà il coraggio di proporla. Se qualche “sessantottino” si opporrà, lascerà le impronte digitali sul testo infame che oggi tutti fingono di non conoscere. E, anche se non spiegherà il perché, lo capiremo lo stesso.