Marco Travaglio. Leopolda trasformismo show. Meritocrazia? Renzi piazza gli amici

Pubblicato il 26 Ottobre 2014 - 08:49 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio. Leopolda trasformismo show. Meritocrazia? Renzi piazza gli amici

Matteo Renzi sul palco della Leopolda

ROMA – Marco Travaglio propone sul Fatto di domenica 26 ottobre 2014 una cronaca a modo suo della Leopolda: “Piccoli leopoldi crescono”. Il tono è un po’ surreale ma l’effetto graffia. Dai tempi di Marziale non sembra essere cambiato molto nei rapporti tra il Potere e i cercatori di un posticino al sole.

Marco Travaglio esordisce chiedendosi

“che ci faccia su quel palco di corrente il bravo giudice Raffaele Cantone, commissario anticorruzione, invitato non come relatore di una conferenza o un dibattito sulle tangenti, ma come “testimonial” di non si sa che.

Quel che ci fa invece l’ex rifondatore comunista Gennaro Migliore, detto Jenny ‘o Brufolo, lo spiega lui stesso a Repubblica: lui ha “aderito” al corteo della Cgil, poi però gli è scappato di andare alla Leopolda perché “in questa fase era giusto andare da Matteo”. Non è neppure un caso di trasformismo o di opportunismo. Il renzista convertito non deve manco aderire a un’idea (e quale?): solo parcheggiarsi per un po’. Il disco orario indica la durata di questa fase. Poi, alla prossima, si sposta: sennò arriva il carro attrezzi.

Alla Leopolda è tutto liquido, leggero, volatile. Il pullman degli ex-post-comunisti fraternizza con i charter targati Cayman e Detroit. Renzi-Degiovanni chiama tutti per nome – Maria Elena, Graziano, Sergio (Chiamparino o Marchionne, è la stessa cosa), “vai Franchino!” – come Franca Valeri-Giulia Sofia in Totò a colori con gli esistenzialisti a Capri e l’orso bruno al guinzaglio.

E parla un po’ come Berlusconi: “Un milione in piazza con la Cgil? Io penso ai 60 milioni che stanno a casa”.

E un po’ come Gordon Gekko di Wall Street (con la differenza che Gekko finiva in galera): “Nel 2011 capii che l’Italia era un Paese scalabile”. Diciamo pure arrampicabile. Arrampicatori e rampicanti sono tutti lì, spacciati dalla stampa sdraiata per “nuova classe dirigente”. Diciamo pure vecchia cena di classe tra compagni di scuola, o di Leopolda.

L’alunno più cazzaro, quello che studia meno ma parla di più, impugna il microfono e presenta i filmini di tutto il meglio del quinquennio. Con qualche pietosa bugia: tipo che “il Patto del Nazareno è un atto parlamentare” (ma in Parlamento nessuno l’ha mai visto), cosa buona e giusta perché “Minzolini, Razzi e Scilipoti sono contrari” (il fatto che Berlusconi, Verdini, Sallusti e Ferrara siano strafavorevoli è un titolo di merito).

E qualche penosa omissione: tipo il discorso di Luigi (nel senso del prof. Zingales) alla Leopolda 2011: “L’Italia è governata dai peggiori: l’80% dei manager dichiara che la prima strada per il successo è la conoscenza di una persona importante, poi ci sono lealtà e obbedienza, la competenza è solo quinta”.

Allora Matteo rincarò: “Noi vogliamo un’Italia fondata sul merito, sulla conoscenza e non sulle conoscenze”.

Infatti, come ricorda Marco Damilano sull’Espresso, ha piazzato all’Enel Alberto Bianchi, curatore delle Leopolde; a Finmeccanica Fabrizio Landi, leopoldista di tre anni fa; all’Eni Diva Moriani, braccio destro di un finanziatore della Leopolda, Marco Seracini, presidente del collegio sindacale di Stazione Leopolda srl e –ma tu guarda–Zingales (nel senso di Luigi); alle Poste Elisabetta Fabbri, albergatrice amica sua; alle Fs Simonetta Giordani, leopoldista annata 2011; al Demanio Roberto Reggi, amico suo; resta all’asciutto un altro leopoldiano doc, Sandro Campo Dall’Orto, ma si parla di lui come nuovo dg Rai. Le conoscenze non contano più, adesso conta la conoscenza: di Renzi.

“E pensare che una volta, qui alla Leopolda, ci venivo in bici”, ricorda il commosso venditore. Ora ci torna in un tripudio di auto blu, super-scorte e unità cinofile. Vengono in mente i versi con cui Ennio Flaiano canzonava Giovanni Russo: “Alle cinque della sera / sulla piazza di Matera / da una 1100 lusso / scende Giovannino Russo/ del Corriere della Sera. / Che carriera!”.

Sono soddisfazioni.