Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “L’Alzheimer è contagioso”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Maggio 2014 - 08:21 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "L’Alzheimer è contagioso"

Expo (foto LaPresse)

ROMA – “L’Alzheimer è contagioso”, questo il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano del 13 maggio:

Dunque i partiti non c’entrano. Sono puri e immacolati come acqua di fonte. L’ha detto D’Alema, l’ha ribadito B.: “Forza Italia con gli scandali non c’entra. E questo signor Matacena io non me lo ricordo. Sarà stato deputato di Forza Italia vent’anni fa”. E pensare che han mandato proprio lui ad assistere i malati di Alzheimer.

Per la cronaca Amedeo Matacena, figlio dell’omonimo armatore dei traghetti “Caronte” sullo Stretto, fu tra i fondatori di FI in Calabria, deputato dal ’94 al 2001, salvato dall’arresto per ’ndrangheta da destra e sinistra nel ’99. Non ricandidato, lanciò oscuri messaggi a B.: “mi ha chiesto di testimoniare a Caltanissetta contro la Procura di Palermo” e “io mi trascinai dietro altri testimoni che avevano perplessità a raccontare i fatti”; poi spiegò che Dell’Utri e Previti, anch’essi nei guai con la giustizia, erano stati ricandidati perché “nascondono delle verità”.

Condannato per mafia, fuggì per tempo a Dubai, ma si accingeva a raggiungere Dell’Utri a Beirut con l’aiuto di Scajola, già coordinatore nazionale di FI. E chissà se B. ricorda questo signor Frigerio, tre volte pregiudicato (6 anni e 8 mesi definitivi di galera, ovviamente mai scontati in carcere ma ai servizi sociali) e dunque deputato di FI dal 2001 al 2006, attualmente di nuovo al gabbio; e questo signor Grillo (Luigi), che nel ’94 fu eletto col Ppi, ma passò subito a FI per garantire al governo B. la maggioranza al Senato in cambio di un posto di sottosegretario, fu parlamentare per 6 legislature dal 1987 al 2008 e ora si trova al fresco per le mazzette Expo. Però, sia chiaro, “Forza Italia non c’entra”. A maggior ragione non c’entra il Pd. Primo Greganti, tre volte pregiudicato per tangenti, è figlio di NN: è nato sotto un cavolo e lo porta sempre la cicogna. Ieri, alla chetichella, il Pd l’ha “sospeso” in quanto detenuto perché “in caso di arresto o di dubbia condotta le regole sono molto precise”. Così precise che le sue tre condanne a 3 anni e 6 mesi per corruzione e finanziamento illecito al partito (non a se stesso) non costituivano una condotta sufficientemente dubbia per negargli la tessera, né perché Fassino e Chiamparino, renziani anche loro, lo tenessero lontano dalle proprie campagne elettorali, cui partecipava in prima fila.

“È vero – dichiara, restando serio, il segretario renziano del Pd torinese Fabrizio Morri – non potevamo certo negargli di avere contatti con il mondo del Pd o di partecipare agli eventi, ma a quanto ne so non aveva rapporti con i dirigenti. Mi dispiace molto a livello umano, Greganti cercava di risollevarsi dal punto di vista professionale. Ma certamente faceva tutto per sé, non per il partito”. Ecco, cercava di risollevarsi, tutto per sé. Purtroppo, dalle carte dell’inchiesta di Milano, risulta che grazie a lui la cupola di Frigerio&C. arrivava ai “sindaci comunisti”, cioè Pd, contattava i vertici Pd e il commissario di Expo Giuseppe Sala (un altro che non c’entra mai) per piazzare “un amico” nella commissione aggiudicatrice. “Bisogna parlare con Primo – diceva Frigerio – perché il comune è di sinistra… Sala è un uomo di sinistra, non di Pisapia, è più legato alla gente che Primo conosce… al Pd”.

Greganti confermava: “Devo scendere a Roma a parlare con gli amici miei”. Saranno stati amici di bisbocce, perché il Pd non c’entra, ci mancherebbe. Per Frigerio, Greganti era “convinto che si potesse ancora correre su Nucci (ex Ad di Sogin, ndr) perché Pier Luigi Bersani ha detto ‘sono d’accordissimo’”. Ma questo signor Bersani dev’essere un omonimo. Come Burlando (omonimo del governatore ligure), Guerini (omonimo del vicesegretario di Renzi), Pittella (omonimo dell’eurodeputato Pd) e Quagliotti (omonimo del braccio destro di Fassino, condannato – insieme a Greganti – per una tangente Fiat all’ex Pci).