Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Funeral party”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Agosto 2015 - 08:14 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "Funeral party"

Roma, funerali di Vittorio Casamonica (LaPresse)

ROMA – “Funeral party” è il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano di sabato 22 agosto.

Il Paese di Tartuffe, che non è la Francia seicentesca di Molière ma l’Italia del 2015, s’indigna per il Funeral Party al fu Vittorio Casamonica e lo chiama “boss” anche se non ha condanne per mafia, anzi ha una fedina penale decisamente più immacolata di quella del 10 per cento dei parlamentari italiani (per non parlare degli eurodeputati e dei consiglieri regionali e di un bel po’di governatori). Il che, intendiamoci, va benissimo: neppure Al Capone ebbe condanne per mafia, solo una per evasione fiscale, però chiamarlo “evasore” pare un po’ riduttivo. È una caratteristica dei boss scampare alle condanne, e spesso anche agli arresti. Ma allora perché Casamonica è “boss” anche con una condanna a un anno per truffa nell’acquisto di una Ferrari, e –per dire – i mafiosi amici esoci dell’allora presidente del Senato Renato Schifani non sono boss perché furono con-dannati soltanto più tardi?Il Paese di Tartuffe s’indigna per il Funeral Party a Casamonica ora che è chiuso in una bara, ma quand’era vivo e regnava su Roma da una villa arredata da Cetto La Qualunque e cantava My Way al compleanno in un grammelot inglese degno di Fo e Proietti, i partiti di destra si scordavano le sue origini rom e prendevano volentieri i suoi voti per il Comune.

Il Paese di Tartuffe s’indigna per il Funeral Party al Casamonica morto, ma ha prontamente dimenticato le fotoricordo del rampollo Luciano con la felpa azzurra “Italia” nel 2010 a cena col futuro ministro Pd Giuliano Poletti, il sindaco Pdl Gianni Alemanno e una bella galleria di futuri ospiti delle patrie galere. Il Paese di Tartuffe si vergogna perché le immagini del Funeral Party a Casamonica fanno il giro del mondo, ma ha già dimenticato quando B. definì nella campagna elettorale 2008 il boss Vittorio Mangano “un eroe” perché non aveva parlato di lui né di Marcello Dell’Utri. Dopodiché rivinse le elezioni e tornò al governo per tre anni, poi fu richiamato in servizio da Napolitano nel 2013 per le larghe intese con Letta e nel 2014 da Renzi per il Patto del Nazareno in veste di padre costituente.

Il Paese di Tartuffe s’indigna per il Funeral Party al presunto boss Casamonica, ma non dice una parola sul sicuro mafioso Dell’Utri che, dopo la fuga in Libano, risiede da 14 mesi nel carcere di Parma a poche celle di distanza da Riina, per scontarvi una condanna definitiva a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa (…)