Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Hombres horizontales”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Aprile 2014 - 07:46 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "Hombres horizontales"

Marco Travaglio (LaPresse)

ROMA – “Hombres horizontales”, questo il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano:

Siccome in Italia – come diceva Flaiano – “i fascisti sono una trascurabile maggioranza”, nessun intellettuale (o quasi) riesce a comprendere l’allarme di Zagrebelsky, di Rodotà e degli altri firmatari dell’appello di Libertà e Giustizia contro la “svolta autoritaria”. Infatti, dopo una settimana di ostracismo su tutti i tg e i giornali (tranne il nostro), l’appello e i suoi firmatari sono diventati il bersaglio di attacchi concentrici, insulti plenari e scomuniche trasversali che vanno dalla destra al centro alla sinistra. “Professoroni”, “tromboni”, “parrucconi”, “conservatori” (che – almeno a proposito della Costituzione del 1948 – è un meraviglioso complimento).

Nessuno – a parte Michele Ainis sul Corriere – ha risposto nel merito alle loro obiezioni. Quasi tutti le hanno falsificate e caricaturate per poterle meglio ignorare e demolire. Qualcuno ha detto che è ridicolo definire “autoritaria” la riforma del Senato: infatti non è solo a quella che si riferisce l’appello, ma a un insieme di riforme scritte o annunciate che vanno tutte nella direzione di una democrazia verticale, sempre meno partecipata, dunque non più democratica. Proviamo a immaginare come sarebbe l’Italia fra qualche anno se tutto ciò che Renzi e i suoi alleati sparsi qua e là (Berlusconi, Casini, Alfano, qualche ex-M5S) hanno in mente diventasse legge. Il presidente della Repubblica sarà eletto (ancora) da un Parlamento di nominati. La Camera sarà (ancora) formata da deputati scelti da 3-4 segretari, padroni assoluti dei propri partiti con leadership sempre più personali e carismatiche, tagliando fuori qualunque minoranza che non voglia coalizzarsi e non superi l’8% o qualunque coalizione che non salti l’ostacolo del 12%. Il Senato, privo di poteri, sarà formato da governatori, consiglieri regionali, sindaci e amici del capo dello Stato, eletti per fare tutt’altro o non eletti tout court.

Il premier sarà il boss dell’unico ramo del Parlamento che ancora può impensierirlo grazie a un premio di maggioranza mostruoso, che regala il 53% dei deputati anche se il partito-guida della coalizione vincente ha solo il 20% dei voti validi (cioè il 12-13% degli elettori), e incasserà entro 60 giorni il via libera obbligatorio a qualunque suo disegno di legge. Le province cambieranno soltanto nome e, a loro volta, non saranno più elettive, ma nominate dai soliti noti.

Poi, se tutto va bene, si provvederà a rafforzare vieppiù i poteri del premier, consentendogli di sfiduciare i ministri quando pare a lui. Uno comanderà e gli altri eseguiranno, in un sistema mostruoso dove il potere sarà concentrato in pochissime mani (perlopiù due) e diventerà difficilmente scalabile e contendibile. Cosa resterà dei checks and balances, cioè dei pesi e dei contrappesi previsti dai testi sacri della democrazia liberale, dove i poteri sono separati e si controllano e si bilanciano l’uno con l’altro? Poco o nulla (…)