Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Nel nome della madre”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Aprile 2015 - 08:09 OLTRE 6 MESI FA
La prima pagina del Fatto Quotidiano

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ROMA – “Se è vero – e lo è – che i grandi film sono quelli in cui si ride e si piange molto – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano – Mia madre di Nanni Moretti è un grande film. Perché fa ridere con le lacrime agli occhi e fa piangere col sorriso sulle labbra”.

L’articolo di Marco Travaglio: Ci voleva del coraggio a cimentarsi in una storia così vera e così drammatica come quella della regista che perde a poco a poco la mamma mentre gira una pellicola sulle proteste operaie in una fabbrica, visto soprattutto quel che si vede di solito nei cinema made in Italy. Ma soprattutto ci voleva del talento, vero e maturo, per riuscirci come ci è riuscito Moretti in quello che forse è il suo film, se non più bello, senz’altro più completo e compiuto. Anni fa, in una lunga e famosa polemica, Dino Risi gli aveva suggerito beffardo: “Quando vedo un lavoro di Nanni, mi viene sempre voglia di dirgli: spòstati e fammi vedere il film”. Stavolta Nanni si è scansato, eccome se si è scansato. Ancor più che in Habemus Papam, dove il papa era lui ma aveva il volto e il corpo di Michel Piccoli, e Nanni interpretava lo psicologo. Qui la perdita della madre durante la lavorazione proprio di quel film è capitata a lui, che però ha ceduto se stesso a una splendida Margherita Buy. Così, per la prima volta, Moretti non fa Moretti. E la Buy non fa la Buy. Fanno l’uno il personaggio dell’altro. Lei protagonista, nei panni della regista un po’ stronza, astrusa e capricciosa. Lui deuteragonista, il fratello borghese nevrotico, depresso e buono (…). Un film “politico”, come l’ha definito Moretti proprio per quello che, al primo impatto, sembrerebbe il meno politico. Invece ha ragione: è il suo film più politico, anche se non parla della “politica” politicante, cioè di quella robaccia che siamo abituati a chiamare politica e invece è tutto fuorché politica. Politica è occuparsi della vita, della morte, della malattia, della sofferenza, degli ospedali, delle fabbriche, delle cariche della polizia, dei ragazzi a scuola e delle donne (che sono le protagoniste assolute del film). E portar da mangiare la pasta corta nella scatola di plastica alla madre malata in corsia, perché la pasta lunga della clinica diventa una colla (…).