Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Nerone è ancora vivo”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Febbraio 2014 - 08:05 OLTRE 6 MESI FA
marco travaglio sul fatto quotidiano nerone

La prima pagina del Fatto Quotidiano del 14 febbraio

ROMA – “Nerone è ancora vivo”, questo l’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano del 14 febbraio:

Quando cadde B., poco più di due anni fa, Paolo Mieli vaticinò per l’Italia un replay del dopo-Nerone. L’imperatore-dittatore era stato una figura talmente ingombrante che alla sua morte, nel 68 d. C., si susseguirono in pochi mesi tre governicchi guidati da altrettanti sfigati, nessuno dei quali riusciva a riempire il vuoto e infatti di lì a poco veniva eliminato e rimpiazzato dal successivo.

Il primo fu Galba, vecchio grand commis, noto per la crudeltà e per l’esperienza in questioni finanziarie: un tecnico che, per risanare i bilanci sfondati dal predecessore, aumentò le tasse al popolo e alle province a lui ostili. Durò appena sette mesi, poi morì ammazzato in una congiura. Il secondo fu Otone, restò sul trono tre mesi, poi morì suicida. Il terzo fu Vitellio, resistè otto mesi, poi morì ammazzato. Il cerchio si chiuse con Vespasiano, che rimise in piedi l’impero e regnò 10 anni. Galba è la fotocopia di Monti. Otone è Enrico Letta, per la palese incapacità, per la breve durata e soprattutto per il suicidio.

Resta da capire se Renzi è Vitellio, il terzo ominicchio rottamato alla velocità della luce; o invece è Vespasiano, destinato a segnare la politica italiana nei prossimi anni. Ma lo capiremo subito, nei prossimi mesi. Ha pochissimo tempo, Renzi, e lo sa da sempre, da quando ha vinto le primarie del Pd. Infatti ha raso al suolo il partito, sostituendolo con una squadretta di fedelissimi, non tutti di eccelsa qualità. Ha tentato di cambiare qualcosa, anche a costo di resuscitare B., con la riforma elettorale e quella costituzionale del Senato e delle Regioni. Ma è subito finito impantanato nei giochetti di palazzo. Allora – impaziente, presuntuoso e spregiudicato com’è – s’è fatto due conti. Meglio lasciare Letta al suo posto, dissanguando il Pd e ingrassando i 5Stelle e Forza Italia con l’appoggio a un governo inetto e maleodorante per un altro anno, fino al termine del semestre europeo? O meglio mandarlo a casa subito prendendone il posto? La terza alternativa – le elezioni in autunno – era puramente teorica (…) Diventando così il settimo premier in 20 anni salito a Palazzo Chigi all’insaputa degli elettori, dopo Ciampi, Dini, D’Alema, Amato, Monti e Letta. Con l’aggravante che Letta, per quanto incapace, una maggioranza ce l’aveva; e che Renzi giurava fino all’altroieri di non voler fare il premier senza passare dalle urne.

Insomma, una mossa che meno democratica è difficile immaginare: infatti sta suscitando una mezza rivolta nella base del Pd, ripiombata nello stesso sconcerto dell’aprile 2013 per i franchi traditori di Prodi, la mancata elezione di Rodotà, il sequel di Re Giorgio e l’inciucio con B. Per far dimenticare lo strappo, Renzi deve mettere in piedi un governo più pulito e capace di quello che ha seppellito ieri (non ci vuole molto, ma non si sa mai). E deve sperare di portare a casa qualche risultato subito, visto che a maggio si vota per le Europee. E non è detto che ce la faccia. La maggioranza rimane più o meno la stessa di Letta: gli Alfano, Schifani, Cicchitto, Giovanardi, Formigoni; le anime morte montian-casiniane; la sinistra del Pd (padrona dei gruppi parlamentari) che inizierà subito a remargli contro; magari qualche scilipoti ex-Sel ed ex-M5S; e, sul Colle, un monarca rancoroso che lo detesta cordialmente. Sai che allegria (…)