Marina Berlusconi non è Marine Le Pen: niente politica, per ora

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Aprile 2014 - 15:36 OLTRE 6 MESI FA
Marina Berlusconi non è Marine Le Pen: niente politica, per ora

Marina Berlusconi con il padre, Silvio (LaPresse)

ROMA – Marina Berlusconi non è Marine Le Pen: una leadership politica non si eredita come un patrimonio (e, nel caso di Marina, non sarà facile neanche la faccenda dell’eredità). È questa la valutazione che per ora terrà lontana dalla politica la presidentessa di Fininvest e Mondadori, primogenita di Silvio Berlusconi.

Non funziona il discorso del “brand” Berlusconi, un marchio da mettere sul simbolo di Forza Italia a prescindere da chi sia il Berlusconi da “vendere” all’elettorato. A dirlo è anche un sondaggio Ixè per Agorà (Raitre), che accredita al 14% i consensi per un partito a “trazione Marina” e addirittura a un misero 6% l’opzione Barbara.

Ha scritto Francesco Verderami sul Corriere della Sera

“È vero che a farle dire di no c’è l’impegno nelle aziende di famiglia, la passione per un lavoro che ne assorbe per intero le energie. Ma tra le tante ragioni che l’hanno spinta a rifiutare c’è anche la volontà di sfuggire all’idea di essere l’ultima risorsa, di venir vissuta come la candidata per disperazione, che ne minerebbe l’immagine fino a bruciarla.

La presidente di Fininvest e Mondadori è sinceramente convinta del fatto che le leadership non si improvvisano […]
D’altronde le democrazie occidentali hanno conosciuto e conoscono le dinastie, dai Kennedy ai Bush negli Stati Uniti, fino alla tribolata storia dei Le Pen in Francia. Ma sono proprio questi esempi che fanno capire come le leadership — secondo «Marina» — si costruiscono e si conquistano sul campo: le leadership insomma non si impongono, si tratterebbe di innesti innaturali destinati a non dar frutti, rami secchi che gli elettori per primi finirebbero per potare nelle urne. Ecco un altro dei precetti da osservare, e che «zio Fedele» non ha mai mancato di ricordare, specie quando sente dire ai cortigiani del Cavaliere che «i voti sono di Silvio»: un concetto «banale, quasi volgare» per Confalonieri, perché «quelli sono i voti di un popolo a cui Berlusconi ha dato dignità politica». Ma il consenso non è un assegno trasferibile, ce n’è la prova nella reazione dell’opinione pubblica alle voci sulla candidatura di un erede di Berlusconi. […]

Tanto dovrebbe bastare — per la presidente del Biscione — per mettere a tacere la storia che l’ha molto irritata, quella della lite familiare, secondo cui sarebbe stata lei — insieme al fratello Pier Silvio — ad opporsi alla candidatura della sorella minore. È il padre che tiene il bastone del comando, è lui che decide, ed è a lui che — a giudizio della primogenita — i sostenitori del passaggio di testimone recano danno, perché così dicendo rafforzano (non si sa quanto inconsapevolmente) la tesi che la leadership del Cavaliere sia già finita”.

Cosa farà Marina? Di certo c’è solo il futuro prossimo. Scrive Libero:

“Per il momento, quindi, Marina resta a fare la manager nell’azienda di famiglia anche lei attenta a quello che accadrà il 10 aprile quando il Tribunale di Sorveglianza dovrà decidere sul destino di suo padre. Attenta a non esporsi troppo è prudentissima”.