Marò, Salvatore Girone in Italia. Ma “il sequestro continua”

di redazione Blitz
Pubblicato il 28 Maggio 2016 - 05:00 OLTRE 6 MESI FA
Marò, Salvatore Girone in Italia. Ma "il sequestro continua"

Marò, Salvatore Girone in Italia. Ma “il sequestro continua”

ROMA – Anche Salvatore Girone torna in Italia come il suo collega marò Massimiliano Latorre, rientrato in patria nel 2014 in seguito ad un ictus. La Corte suprema indiana ha dato il consenso e il fuciliere di Marina sabato 28 maggio atterrerà a Roma. Ma continua il “sequestro giudiziario”, sottolinea Toni Capuozzo sul quotidiano Il Tempo. 

Ci vorranno ora altri due anni di discussioni sulle questioni di diritto internazionale, alla Corte arbitrale dell’Aja, per stabilire se a giudicare i due marò debba essere un tribunale italiano oppure un tribunale indiano. Che vuol dire che Latorre e Girone dovranno, alla fine, attendere sei anni per vedere realizzarsi il primo diritto di ogni imputato: avere un giudice, in grado di trasformare un’accusa pendente su di loro – e calunniosa, per un militare, accusato di aver sparato su persone innocenti e inermi – in un giudizio, colpevoli o innocenti.

(…) Qualcosa ci dice che il processo sia un fine corsa sgradito sia all’India che all’Italia. Entrambe hanno troppi scheletri nell’armadio. L’India per tre anni e mezzo non solo non è riuscita a rinviarli a giudizio, ma neppure a formulare un capo d’imputazione. L’Italia che per quieto vivere non ha mai creduto alla loro innocenza ha solo da perdere da un dibattito in aula che rivelerebbe sbagli, omissioni, silenzi. Un processo su quello che avvenne il 15 febbraio di quattro anni fa diventerebbe inevitabilmente un processo in cui il vero banco degli imputati sarebbe quello in cui siedono i rappresentanti dei due Paesi, non quello dei due marò. Forse Italia e India si accorderanno prima, in un’intesa extragiudiziaria che eviti a entrambi imbarazzi, che dietro parole altisonanti – storica amicizia, ragione e buon senso, eccetera – fornisca una comoda via d’uscita: chi ha dato ha dato e chi avuto ha avuto. E i due marò resteranno gli unici a pretendere, processo o meno, una verità piena che ristabilisca anche nelle carte l’onore che non hanno mai perduto.