Moncler, caso oche. Libero: Ecco cosa non torna nell’inchiesta di Report

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Novembre 2014 - 07:27 OLTRE 6 MESI FA
Moncler, caso oche. Libero: Ecco cosa non torna nell'inchiesta di Report

Moncler, caso oche. Libero: Ecco cosa non torna nell’inchiesta di Report

ROMA – Una serie di cose che non tornano. Report accusa Moncler e l’azienda italiana produttrice di piumini si difende e querela. Ma chi ha ragione? Il programma di Rai Tre, in onda domenica scorsa, ha denunciato presunti maltrattamenti ai danni delle oche, che sarebbero spiumate in modo illegale nell’est dell’Europa. Moncler replica, invece, che tutti i fornitori sono assolutamente in regola.

Accuse, respinte dall’azienda, anche in materia di qualità delle piume. Scadenti e mescolate con quelle di anatra, secondo Report. Anche qui l’azienda nega. La rete, nel frattempo, si è schierata compatta contro Moncler, che in due giorni ha accumulato pesanti perdite in Borsa.

Secondo Libero, però, ci sono una serie di cose che non tornano nell’inchiesta di Rai Tre. Quali lo spiega in un lungo articolo Alessandro Antonini. Eccone un estratto:

Secondo la ricostruzione della trasmissione televisiva, invece, le piume che poi finiscono nei capi Moncler verrebbero strappate agli animali vivi, senza alcun tipo di rispetto della normativa vigente e provocando lacerazioni alla pelle. Report ha messo poi in dubbio anche la qualità di queste piume, che sembra vengano messe assieme ad altre di valore più scadente prelevate per esempio da altri uccelli come le anatre. Ma non è tutto. Sotto processo è finito anche il prodotto finale. La colpa, in questo caso, sarebbe quella di assemblare i giacconi non in Italia, ma nell’Europa dell’Est: Romania ma anche Armenia e anche Transnistria, uno Stato auto-proclamato facente parte del territorio della Moldavia, non riconosciuto dalle Nazioni Unite. Non contenta, la Gabanelli ha infine puntato il dito sul prezzo finale del prodotto, che sarebbe di molto sovraccaricato rispetto a quanto prendono i terzisti. Quest’ultimi, secondo la versione fornita da Report, ricevono per ogni capo un compenso che si aggira tra i 30 e i 45 euro, mentre sul cartellino, in negozio, il prezzo sale fino a raggiungere i 1.200 euro.

Piccata, e con promesse di querela, la risposta dell’azienda. «Moncler», si legge in una nota diffusa ieri, «specifica che tutte le piume utilizzate in azienda provengono da fornitori altamente qualificati che aderiscono ai principi dell’ente europeo Edfa (European Down and Feather Association), e che sono obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali. Tali fornitori sono ad oggi situati in Italia, Francia e Nord America. Non sussiste quindi alcun legame con le immagini forti mandate in onda riferite a allevatori, fornitori o aziende che operano in maniera impropria o illegale, e che sono state associate in maniera del tutto strumentale a Moncler». Quanto alla «delocalizzazione» la Moncler fa sapere che «non ha mai spostato la produzione, come afferma il servizio, visto che da sempre produce anche in Est Europa». Per quanto riguarda i ricarichi, infine, «il costo del prodotto viene moltiplicato, come d’uso nel settore lusso, di un coefficiente pari a circa il 2,5 dall’azienda al negoziante, a copertura dei costi indiretti di gestione e distribuzione». Mentre «nei vari Paesi la distribuzione applica, in base al proprio mercato di riferimento, il ricarico in uso in quel mercato».