Presidente della Repubblica. Marco Travaglio: “Primarie Pd”. Rodotà nel 2015?

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Dicembre 2014 - 09:43 OLTRE 6 MESI FA
Presidente della Repubblica. Marco Travaglio: "Primarie Pd". Rodotà nel 2015?

Stefano Rodotà

ROMA – Marco Travaglio chiede che il Pd sottoponga una rosa di possibili candidati a Presidente della Repubblica alle primarie del partito. Lo scandisce in un titolo, “Pri-ma-rie-pri-ma-rie” che echeggia la richiesta di parte degli elettori post comunisti che volevano mandare al Quirinale “Ro-do-tà-Ro-do-tà”.

Se Stefano Rodotà oggi fosse presidente della Repubblica, argomenta Marco Travaglio,

“oggi avremmo un presidente garante per sette anni, forse anche un governo di vero cambiamento e una legge elettorale decente, senza le vergogne dell’ultimo anno e mezzo”.

Se si deve giudicare Rodotà da quello che ha fatto, la legge sulla Privacy, che ti impedisce di sapere chi è nato e chi è morto ma non impedisce ai call center di interromperti il pranzo o il sonnellino, c’è da pensare che è ancora meglio Giorgio Napolitano.

Sull’idea delle primarie, Marco Travaglio ha un punto dalla sua, la prospettiva che decidere il nome del presidente della Repubblica italiana sia il segretario del Pd, Matteo Renzi, “fra il lusco e il brusco con un pregiudicato (Berlusconi) e un plurimputato (Denis Verdini)”. Ma questa è l’Italia di oggi e non è certo con un metodo astruso che la si cambia, un metodo che vuole imporre alle altre forze politiche una rosa scelta dagli elettori, più o meno, carovane e truppe cammellate a parte, di un partito che nell’attuale Parlamento non ha nemmeno una lampante maggioranza. I sondaggi, è vero, dicono un’altra cosa, ma i numeri al Senato e alla Camera ne dicono un’altra.

C’è poi un vizio di fondo nell’idea delle primarie all’italiana e in particolare in quelle per il Quirinale. In America, dove è stato copiato, male, il modello, le primarie di un partito scelgono il candidato di quel partito che poi affronterà il candidato o i candidati del partito o dei partiti avversarsi. Si tratta quindi di un processo decisionale che trasferisce agli “iscritti” (registered voters) a un partito la scelta del candidato ma che lascia l’ultima parola agli elettori, che possono votare lui, o lei, oppure invece votare il la candidato a del partito opposto.

L’uso delle primarie che il Pd ha fatto in Italia è una porcata degna del porcellum, un vero e proprio porcellinum di casa Pd, perché affida a un corpo elettorale illegittimo e aperto a tutte le infiltrazioni, come i recenti scandali di Roma hanno svelato, la scelta di un leader che grazie al sistema para proporzionale e blindato in vigore ha la matematica certezza di essere eletto.

Pensare che le primarie per il Presidente della Repubblica sfuggano al porcellinum può essere solo pura provocazione intellettuale, visto che l’ipotesi alternativa dell’ingenuità non è applicabile a Marco Travaglio. L’articolo in cui Marco Travaglio raccoglie la tesi delle primarie è peraltro scintillante:

“Tutto è pronto per la nuova mattanza del Quirinale. Durerà almeno due o tre mesi. Prima bisogna attendere le dimissioni di Napolitano che lui – spiritoso – definisce “imminenti”, ma senza indicare una data”.

Dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano ci sarà “il “mese bianco” con la “supplenza” dell’autoreggente Piero Grasso, per accompagnarci serenamente all’appuntamento. Infine verso metà o fine febbraio partirà la rumba degli scrutini a Camere riunite, alla ricerca di un candidato che raccolga la maggioranza.

“Sempreché, s’intende, l’aggettivo “imminente” usato dal sovrano non significhi “fra qualche mese”, o magari “a patto che il Parlamento voti legge elettorale e riforma costituzionale”. Nel qual caso la traduzione esatta sarebbe “fra qualche anno” e King George potrebbe serenamente completare il suo secondo settennato nel 2020.

“La situazione, insomma, è tragica ma non seria: roba da repubblichetta delle banane o da suk levantino, anche se nessuno osa dirlo. Un intero Paese, con tutti i suoi problemi, è appeso ai capricci di un anziano e bizzoso signore che l’anno scorso si fece rieleggere ben sapendo di non poter concludere il mandato e per giunta a condizione che i partiti facessero in pochi mesi ciò che non avevano fatto in vent’anni: infatti non han fatto nulla e lui ora vorrebbe che lo facessero in pochi giorni, per non doversene andare con una dichiarazione di totale fallimento. […]

“L’altroieri la signorina Boschi farfugliava di un “accordo con Forza Italia su Italicum e Quirinale”. Bella prospettiva, che ci ripiomberebbe nell’incubo dell’aprile 2013, quando Bersani non trovò di meglio che incontrare furtivamente Berlusconi e Verdini dopo il tramonto, in un ufficetto di Montecitorio, per sottoporre loro una rosa di nomi impresentabili, da cui i due galantuomini estrassero Marini. Nella certezza che non sarebbe passato e si sarebbe dunque rieletto, previo massacro di Prodi, il loro vero candidato: Napolitano”.

Marco Travaglio invece rimpiange che non sia stato scelto Stefano Rodotà, che faceva parte di una rosa indicata dal Movimento 5Stelle di Beppe Grillo, prima che cambiassero idea e lo coprissero di contumelie. La designazione del M5S era avvenuta attraverso una forma di consultazione della base ancor più manipolabile e meno trasparente delle primarie del Pd, ma Travaglio ne parla come dell’età dell’oro. Così,

“ora, per evitare la tonnara-bis, la domanda a Renzi è molto semplice: perché la rosa dei candidati non la fa scegliere agli iscritti? Gli elenchi li ha: per escludere quelli finti, basta comunicare un indirizzo email a cui i tesserati possono iscriversi alle primarie consultive per il Quirinale. Chi risulterà in regola potrà esprimere la sua preferenza per il Colle. Alla fine i dieci nomi più votati verranno proposti alle altre forze politiche (in ordine di voti presi alle elezioni, dal M5S a FI a tutti gli altri). Cosa c’è che non va, presidente Renzi, in questo metodo? E che c’è di “democratico” in un partito che decide il capo dello Stato fra il lusco e il brusco con un pregiudicato e un plurimputato?”.