Riforme, maratona in aula: un minuto per emendamento. Incubo ferie per Renzi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Luglio 2014 - 08:53 OLTRE 6 MESI FA
Riforme, maratona in aula: un minuto per emendamento. Incubo ferie per Renzi

Matteo Renzi (LaPresse)

ROMA – Da oggi sulle riforme costituzionali, si va ad “oltranza”, avverte Ernesto Menicucci sul Corriere della Sera. Il tour de force dovrebbe scattare ( ma c’è un dubbio) lunedì 28 luglio alle 9.30 e si andrà avanti fino alla mezzanotte; per il momento, dovrebbe concludersi entro l’8 agosto, salvo trattative. Scatta anche il “contingentamento” dei tempi: 135 ore complessive, divise tra discussione degli emendamenti, esame dei decreti legge in scadenza, votazioni sul ddl Boschi.

Scrive Ernesto Menicucci:

Una «maratona», certo, compresi sabato e domenica prossimi. Ma che, realmente, potrebbe partire da martedì: prima, infatti, c’è il decreto Turismo e cultura. Ma non con una «tagliola». Né, tantomeno, con una «ghigliottina». Lo ha spiegato venerdì il presidente Pietro Grasso, lo ripetono nuovamente ora a Palazzo Madama: «Gli emendamenti vanno votati tutti. Quello stabilito dalla capigruppo è solo una razionalizzazione dei tempi di discussione».
Nel dettaglio: 20 ore sono dedicate all’esposizione degli 7.850 emendamenti (meno cinque, quelli votati finora), 5 ore alle dichiarazioni «in dissenso», 8 ore ai «relatori o al governo». Clessidra alla mano, tutti i gruppi avranno il loro spazio, naturalmente proporzionalmente alla loro rappresentanza in Aula. Altre 20 ore per i decreti che sono in scadenza. Il resto, 80 ore complessive, vanno per le votazioni. Si tratta, calcolatrice alla mano, di 4.800 minuti. Un conteggio al limite, molto al limite, fatto dagli uffici del Senato partendo da un concetto: con il cosiddetto «canguro» (la possibilità che un voto su un emendamento faccia decadere quelli molto simili), le correzioni da discutere sarebbero — giuste giuste — 4.700. Cioè una per ogni minuto di votazione.

Siamo sul filo del rasoio. Tanto che, sia da parte della presidenza del Senato, sia del governo, si pensa a dei piani B. Il pensiero di Grasso, che ha ribadito di «essere il garante di tutti» e che mantiene la sua «terzietà istituzionale» nonostante alcuni malumori nel Pd, è chiaro: «Con le riforme, si va avanti fino a che non sono stati votati tutti gli articoli del disegno di legge». Il termine dell’8 agosto, così, non è perentorio. Né, Costituzione alla mano, potrebbe esserlo. E quindi, se per quella data la riforma non è stata varata, toccherà di nuovo ai partiti decidere cosa fare. Se, cioè, proseguire con la maratona in Senato, prolungando i lavori al 9, al 10, o fino a quando necessario. Oppure se, come ha ventilato Matteo Renzi in questi giorni, «si può anche andare a settembre».

Il muro contro muro, infatti, comincia a preoccupare la stessa maggioranza. Qualche senatore lo fa capire: «Molti di noi hanno prenotato le ferie, qualcuno ha il volo già fissato… E siamo noi a dover assicurare il numero legale». E, per garantirlo, servono — almeno — 145/147 senatori, pur abbassando il quorum con quelli in missione. Le opposizioni, invece, non hanno di questi problemi: bastano 12 parlamentari per chiedere la verifica del numero legale. Senza contare, poi, la «qualità» del voto: «Già tenere la gente a votare fino a mezzanotte, per due settimane, è complicato. Qualcuno potrebbe anche sentirsi male…», ragionava l’altro giorno un senatore piddino, non «dissidente». Secondo molti, il rischio per il governo di andare sotto, in queste condizioni, sarebbe dietro l’angolo. Tanto più che, da Forza Italia, ieri sono arrivati diversi segnali contrari al «muro contro muro» imposto da Palazzo Chigi.