Rosa Lupoli, badessa di clausura intervistata su Facebook

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Aprile 2014 - 19:48 OLTRE 6 MESI FA

198308_0_1NAPOLI – Le porte del monastero di clausura che si aprono, anche solo virtualmente grazie a Facebook. E’ quello che succede a Napoli, al monastero delle clarisse cappuccine detto delle “trentatrè”. Perché tante erano, nel 500, le donne che scelsero la clausura. Ora, racconta Natascia Festa sul Corriere del Mezzogiorno, sono una decina. Ma la clausura è rimasta.

Solo che ai tempi di Facebook cambia tutto. Si può parlare senza mostrarsi e quindi succede  che una abbadessa di un monastero di clausura rilasci un’intervista in chat a una giornalista. A farlo è Madre Rosa Lupoli, badessa del Monastero delle Trentatré. E a intervistarla, in chat, è Natascia Festa:

Ho letto che la fondatrice dell’ordine, la stessa del magnifico complesso degli Incurabili, reclutò le prime clarisse anche tra ex prostitute guarite dalla sifilide e convertite.
«Mi spiace non confermare. Purtroppo girano queste notizie storiche infondate. La madre Lorenza scelse le sue prime compagne tra coloro che con lei avevano portato avanti il progetto degli Incurabili. Una storia molto al femminile, alle quali poi si aggiunsero altre donne di varia estrazione sociale. Le prostitute convertite che lei aveva accolto nell’ospedale diedero vita, invece, al monastero delle Pentite, fondato qualche anno dopo, nel 1537, e affidato alla direzione della sua migliore amica, Maria de Ayerba, moglie del Duca di Termoli, sepolto nella chiesa degli Incurabili. Non sarebbe stato possibile diversamente».

La clausura al tempo dei social network. Comunicare è certamente un’attività spirituale…
«Nessuna di noi al momento dell’ingresso in monastero aveva la percezione che questo tipo di luoghi attraesse tantissime persone per i più svariati motivi. Quindi il nostro essere sui social è solo una risposta ai tanti che, in qualche modo, vogliono essere in contatto con noi. Prima c’era la posta, poi il telefono, poi la mail, oggi facebook. Diciamo che cerchiamo di venire incontro alle richieste di preghiera, ascolto, amicizia, sostegno che ci vengono da ogni parte, tentando di essere aggiornate e in sintonia con i tempi. Ovviamente continuiamo ad usare anche le altre forme di comunicazione. Le posso assicurare (sono archivista) che nei secoli è sempre stato così, solo che nessuno lo sa».

Com’è il mondo che si squaderna sotto i suoi occhi da questo osservatorio virtuale?
«Abbiamo avuto sorprese bellissime. È chiaro che mi riferisco ai nostri oltre duemila contatti. Innanzitutto la gente cerca Dio, magari non nelle forme tradizionali, ma in modi più consoni al loro stile di vita. La meditazione sul Vangelo che pubblichiamo al mattino è molto breve, ma tantissimi ci fanno sapere che quel pensiero li accompagna per tutta la giornata o gliela chiude in maniera riflessiva e serena. Inoltre abbiamo scoperto che tante persone praticano il bene per gli altri. Ci sono innumerevoli associazioni di vario genere, con uomini e donne impegnate nel volontariato che aggiungono, non sempre agevolmente, al loro lavoro. Ci siamo rese conto che Napoli non è solo una città sotterranea, ma è intessuta di invisibili e reali fili di carità. Indistruttibili. Infine vediamo che ognuno, dietro le foto sorridenti del profilo, vive una dolorosa croce e la condivide con noi. Consegnare in modo dignitoso la propria sofferenza ad altri è sempre segno di ricchezza infinita». Mi piace.