Salvati a Bersani: intesa con Grillo? Un incubo. Faccia le primarie e lasci a Renzi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Aprile 2013 - 05:43| Aggiornato il 12 Dicembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Michele Salvati sul Corriere della Sera ha scritto un editoriale critico con l’azzardo di Pier Luigi Bersani (votare un presidente della Repubblica con Grillo e poi varare un governo di minoranza) “La sconfitta del leader Pd e le prossime primarie”. Per Salvati Bersani insegue il sogno di un’intesa con Beppe Grillo ad excludendum Berlusconi, un sogno che cozza con la realtà (l’uomo di Arcore ha incassato quasi 10 milioni di voti) e che – data l’imprevedibilità del Movimento 5 Stelle – potrebbe rivelarsi un incubo. Secondo Salvati, che pure confessa il suo sogno di vedere un centrodestra non guidato da Berlusconi, l’unica salvezza per il Pd sarebbero delle nuove primarie che incoronerebbero Matteo Renzi leader del centrosinistra.

“Il partito trasversale di Saint Just, degli antiberlusconiani duri e puri, è naturalmente molto critico verso Napolitano per le decisioni che ha preso nello scorso fine settimana. Queste, per ora, hanno messo una pietra sopra il tentativo di Bersani di reclutare il Movimento 5 Stelle o parte di esso sulla base di una piattaforma anti-berlusconiana, proprio come l’hanno messa sul tentativo berlusconiano di andare a nuove elezioni il più presto possibile. Il partito di Saint Just questa volta non può prendersela con il Pd: Bersani ha fatto di tutto, fino all’umiliazione personale, pur di arrivare ad un accordo con i 5 Stelle. E quindi se la prende con Grillo, che ha fatto sfumare il sogno anti-berlusconiano per la sua ostinazione a trattare i due partiti del vecchio bipolarismo esattamente nello stesso modo, mandandoli entrambi a «vaffa».

Poiché ogni opinione, anche la più spassionata, ha sempre un punto di vista, per onestà dico subito il mio: anch’io sono convinto che un’uscita di scena di Berlusconi come leader del centrodestra sarebbe un bene per la normalizzazione del sistema politico del nostro Paese. E sono persino arrivato a sognare che il Pdl, per forza interna, fosse in grado di trovarsi un altro leader. Ma questo è appunto un sogno, come quello di Bersani di reclutare i grillini. Quando i sogni si scontrano con la realtà è sempre questa che vince: proprio come si è rivelato impossibile indurre Grillo a una scelta di campo – perderebbe di colpo quella parte del «movimento» che non la condivide – così è impossibile sperare che il Pdl si privi del suo grande acchiappavoti alla luce di un interesse di sistema. La differenza tra il mio sogno e quello di Bersani è che il mio è l’innocuo auspicio di un commentatore, il suo una scommessa politica azzardata di un importante leader politico. Una scommessa che ha alle sue spalle un tormentato percorso ideologico e una lunga storia democratica condivisa dalla maggioranza del gruppo dirigente del Pd.

E forse è un altro sogno anche quello che mi accingo ad illustrare. Per ragioni evidenti – l’impossibilità di Scelta Civica di allearsi con il Pdl, Berlusconi imperante, e la maggior vicinanza dei 5 Stelle alle istanze moralizzatrici del Pd – in questo tornante drammatico il Pd gioca un ruolo pivotale. […]

Per decidere una nuova direzione e una nuova linea politica non c’è però solo la democrazia di partito, un tipo di democrazia di cui Roberto Michels aveva già fatto una critica spietata, più di un secolo fa. C’è anche la democrazia delle primarie, prevista dallo statuto e attuabile anche in tempi brevi. Solo da questa potrebbe venire quell’innovazione nell’offerta politica che è indispensabile affinché il Porcellum non produca gli stessi risultati del 24-25 febbraio. Purché, naturalmente, nel caso di una vittoria di Renzi, Bersani e il suo gruppo si comportino con la stessa lealtà che Renzi ha dimostrato verso di loro dopo essere stato sconfitto nelle primarie del novembre scorso.

Ultima osservazione. Tutto questo ragionamento è appeso all’ipotesi che la linea di Bersani sia stata sconfitta e il partito ne prenda atto. Ma è proprio così? Bersani e i suoi hanno un’ultima carta da giocare, la presidenza della Repubblica: non potrebbe avvenire che le trattative tra Pd e Movimento 5 Stelle si riannodino proprio su questa decisione, su un presidente di parte, agli antipodi di Giorgio Napolitano? Un presidente che promuova un governo formato dai soli Pd e Sel e condizionato al Senato dal consenso di 5 Stelle, di un movimento che ha nel suo programma il ripudio del debito e l’uscita dall’euro o politiche che a questi esiti condurrebbero. Meglio fermarsi: il sogno si è trasformato in incubo.”