“Salvini, il comunista padano che detesta Roma”. Giancarlo Perna sul Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Novembre 2013 - 11:18 OLTRE 6 MESI FA
"Salvini, il comunista padano che detesta Roma". Giancarlo Perna sul Giornale

Salvini (LaPresse)

ROMA – Il probabile nuovo leader della Lega, Matteo Salvini, da ragazzo frequentava i centri sociali. È stato consigliere comunale della sua città per 19 anni, è volontario dell’Avis e detesta Roma.

Scrive Giancarlo Perna sul Giornale:

(…) Matteo, detto Teo, è tutto qui: il Nord,la Padania,Milano,il Mi­lan. Se si confermeranno le pre­visioni, il 7 dicembre,giorno del­l’elezione, la Lega avrà per capo un baldo quarantenne impre­gnato così tanto di padanità che, al confronto, i due predecessori, Bossi e Maroni, fanno figura di spiriti universali. Umberto e Bo­bo, infatti, sono diventati con gli anni uomini di mondo, hanno soggiornato a Roma, frequenta­to salotti e accettato compro­messi. A Teo, invece, Roma fa ve­nire l’orticaria. Due volte gli è toccato scendere laggiù e solo perché era stato eletto deputa­to. In entrambi i casi, è fuggito ap­pena ha potuto, preferendo allo scirocco romano le bore di Stra­sburgo. Nel 2008, resistette un anno.Poi,esausto,si fece elegge­re alle Europee del 2009 e filò via. Rieletto a Roma con le Politiche di quest’anno,ma ancora in for­ze nell’Ue, optò per il seggio eu­ropeo, lasciando la scranna di Montecitorio a un collega. In­somma, con la capitale evita rap­porti così come con il Centro­sud. Anche perché, quando ci è venuto a contatto, è stato delu­so.

 

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Venerando Bossi fin dalla pue­rizia, Teo volle imitarlo prenden­do per moglie una ragazza di ori­gine meridionale. Così impal­mò la pugliese Fabrizia, di cui era innamoratissimo, e ne ebbe Federico, oggi di dieci anni. Ma a parte il fatto che lei era vicina ad An e lui un comunistoide in salsa padana, le cose tra loro si guastarono presto. Teo ne tras­se conferma di essere incompa­tibile con ciò che oltrepassa i confini meneghini. Ora vive con Giulia da cui, un anno fa, ha avu­to Mirta. Non si deve dedurre da questa traversia sentimentale, che Sal­vini sia ondivago o incostante. Fantasioso nelle sue iniziative, Teo è in realtà molto lineare nei comportamenti fondamentali. Ha quattro idoli, sempre gli stes­si: Bossi, Maroni, Fabrizio De Andrè, il Milan. Bossi è il mito astratto, Maroni il riferimento concreto. Ciò significa che se ora Bossi si getterà nella lizza per contendergli la segreteria, Teo lo combatterà con ogni mez­zo, senza timori reverenziali. Per lui è, ormai, puramente un’immagine votiva cui accen­dere un cero. (…)

Di famiglia benestante – il pa­pà era dirigente d’azienda – Teo ha sempre avuto un tempera­mento ruspante. Poteva diventa­re un distinto pollone della Mila­no da bere, con un bel master e un avvenire in banca. Ha scelto, invece, di trascorrere le giornate vestito di verde nei mercatini rio­nali a distribuire volantini. Anzi­ché laurearsi- dopo le Medie dai preti e il liceo classico al Manzo­ni – , ha piantato le tende alla Fa­coltà di Storia. È lì da ventuno an­ni, senza dare esami ma rinno­vando l’iscrizione tanto per non gettare la spugna. Non è un curri­culum da intellettuale ma con­ferma la costanza cui accenna­vo sopra.

A diciassette anni, nel 1990, Teo prese la tessera della Lega. Per amore della Padania, diradò la frequentazione della parroc­chia dei Santi Narbore e Felice, dove aveva debuttato come boy scout e proseguito poi come sgambettatore del pallone. A vent’anni (1993), è entrato in Consiglio comunale, rimanen­doci per diciannove primavere di fila.Prendeva l’equivalente di 800 euro il mese. Tanto gli è ba­stato per una dozzina d’anni fin­ché dal 2004, si sono aggiunti al­tri incarichi tra cui, per due legi­slature, la poltrona di deputato europeo. Salvini non è uno che si è arricchito con la politica. Mo­desto all’inizio, dimesso tutto­ra, sua massima aspirazione è di­ventare un giorno sindaco di Mi­lano. Altre cariche non lo solleti­cano. Gli piace «fare politica» che equivale, nella sua testa, ad armare un casino, movimenta­re la giornata, provocare.

Già nel 1997 si fece notare alle elezioni dell’autoproclamato Parlamento della Padania, per il nome della lista che capeggiava: «Comunisti padani», frutto del­la già descritta propensione le­oncavallina. Da allora, ha fatto sparate a iosa. Dalla proposta di riservare alle donne alcuni vago­ni della Metro milanese per sot­trarle «all’invadenza degli extra­comunitari », al rifiuto, da consi­gliere di maggioranza, di stringe­re la mano al presidente Ciampi in visita a Milano dicendogli: «Lei non mi rappresenta». Una volta, sempre come consigliere, drizzò un mercatino abusivo da­vanti alla sede dei Vigili urbani, per rinfacciare sarcasticamente l’inerzia del Corpo verso il dila­gare in città del vero abusivi­smo. Così, si è fatta fama di Pieri­no. Ma, considerato innocuo e talvolta utile, è benvisto anche dagli avversari.

La giornata tipo di Teo comin­cia alle sette con le apparizioni nelle piccole tv regionali, da Te­lenova a Tele Padania. Poi corre qua e là per risolvere problemi minuti della gente,dall’ascenso­re rotto di una casa popolare, al­l’assistenza. Il grosso del tempo lo passa però nei mercatini, do­ve organizza banchetti leghisti, fa propaganda maroniana, rac­coglie petizioni, ecc. Una varian­te, nella sua qualità di deputato Ue, è volare a Bruxelles di prima mattina per fare lobby padana e rientrare nel pomeriggio per fa­re all’incirca lo stesso a Milano.

Ha due appuntamenti fissi. Il venerdì accompagna in parroc­chia il figlio Federico, che vive con la moglie separata, a gioca­re a pallone come faceva lui nel­la speranza che in futuro segue le sue orme anche come boy scout e leghista professionale. L’altra immancabile scadenza è con l’Avis. Teo è infatti un gene­roso e quasi fanatico donatore di sangue che, in casi di emer­genza, organizza anche scambi trasfusionali tra militanti della Lega. (…)