Scajola, lady Matacena e quei documenti ad Antigua

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Maggio 2014 - 09:41 OLTRE 6 MESI FA
Scajola, lady Matacena e quei documenti ad Antigua

Scajola (LaPresse)

ROMA – Quella nei confronti di Amedeo Matacena, per Claudio Scajola è una “persecuzione giudiziaria”. Dimostrata dal fatto che negli altri Paesi il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, per il quale nel 2013 il suo amico è stato condannato a cinque anni di carcere, non è nemmeno ipotizzato. Che ci credesse o meno, questo aveva scritto l’ex ministro dell’Interno italiano nel “promemoria per la supplica” da rivolgere all’ex presidente libanese Amin Gemayel.

Si tratta di alcune frasi appuntate sulla lettera indirizzata al “mio caro Claudio”, in francese, che gli investigatori della Dia attribuiscono proprio a Gemayel. Sullo stesso foglio Scajola aveva annotato i punti da evidenziare nella richiesta ufficiale di asilo politico, giustificata “per motivi umanitari e medici”.

Scrivono Fiorenza Sarzanini e Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera:

A parte l’asserita «persecuzione», sostenuta anche attraverso una ricostruzione della lunga vicenda processuale, la «supplica» doveva fondarsi sulle cure mediche necessarie a Matacena. Di qui la richiesta di assistenza al Libano per evitargli il carcere, che secondo l’appunto vergato dall’ex ministro doveva essere inoltrata all’ambasciata subito dopo la formazione del nuovo governo a Beirut. Dell’insediamento del nuovo esecutivo si parla spesso nelle telefonate di Scajola con la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, e con Vincenzo Speziali, l’inquisito che secondo l’accusa era il mediatore principale con le autorità libanesi per conto dell’ex deputato calabrese e, forse, anche di un altro condannato eccellente: Marcello dell’Utri, tuttora detenuto a Beirut in attesa della decisione sull’estradizione chiesta dall’Italia.

Ma l’indagine della Procura reggina non si limita alle pressioni su Gemayel (del quale Scajola e Speziali avevano organizzato l’incontro con Silvio Berlusconi, che però all’ultimo momento è saltato, durante una visita in Italia a fine febbraio ). Altri aspetti dell’inchiesta sull’associazione per delinquere messa in piedi con lo scopo di garantire la latitanza di Matacena, si estendono soprattutto ai movimenti economici e bancari della moglie del condannato, alla quale, accusano i pubblici ministeri, «Scajola forniva un’assistenza costante e apparentemente interessata». Per esempio in relazione a un’operazione non ancora del tutto chiara, di cui l’ex ministro discute con Chiara Rizzo in una conversazione del 16 agosto scorso. A un certo punto Scajola dice: «Poi ho parlato ieri con Alessandro, a lungo… Io sono stato molto brusco, capito?». (…)

L’istituto di credito è la Compagnie Monegasque de Banque, a Montecarlo, sul quale Chiara Rizzo — residente del Principato di Monaco — ha un conto da cui ha tratto in quel periodo soldi da trasferire su un altro conto del Banco di Napoli. Forse quello della filiale della Camera dei deputati, di cui l’ex parlamentare Matacena ancora dispone e per il quale s’era interessata la segretaria di Scajola. Dieci giorni prima del colloquio con l’ex ministro, parlando con la segretaria di suo marito Maria Grazia Fiordelisi, Chiara Rizzo aveva chiesto notizie di un documento che doveva arrivare dalla banca monegasca, e l’interlocutrice aveva spiegato: «Se lo ha mandato Alessandro lo ha mandato nella lingua francese perché la banca è di là e la lingua è francese … io adesso, a memoria non me lo ricordo». La signora Matacena domanda: «Alessandro dalla banca, mi ha dato una cosa… un certificato di referenze… ce lo abbiamo un certificato di referenze?». E la Fiordelisi risponde: «Mi sembra uno sì, quello che abbiamo mandato a Miami».

In un’altra telefonata tra Scajola e la Rizzo, dell’8 agosto, si fa riferimento a una spedizione attraverso il corriere Dhl. Per i due interlocutori sembra una vicenda piuttosto importante: «Sto mandando tutto… però li vuole mandati Dhl», dice la donna; «Ma lei è in grado? È in grado di seguire lei?», si preoccupa Scajola, probabilmente riferendosi alla segretaria di Matacena. «Sì, sì, tutto, ormai il grosso lo stiamo facendo… Dhl», assicura la Rizzo. «Sì, meglio ancora… sì, che è originale», commenta Scajola, e la Rizzo conferma: «Sì, perché poi vogliono gli originali».

Dai toni dei colloqui s’intuisce che la questione sta molto a cuore all’ex ministro, il quale chiede con insistenza notizie sull’arrivo del plico. Per capire di che cosa i due stessero parlando gli investigatori della Dia sono andati a controllare se l’indomani Maria Grazia Fiordelisi avesse effettuato una spedizione via Dhl. Dai registri non è risultato nulla, ma è spuntata una coincidenza considerata molto interessante: il 9 agosto 2013 lo stesso corriere internazionale è stato utilizzato da una tale Elisabetta Hoffmann, residente a Sanremo, per spedire un plico al convivente Gianluca Mazzetti, presso l’indirizzo della sua abitazione ad Antigua.
L’isola caraibica è uno dei paradisi fiscali più noti del mondo, e il particolare ha convinto gli inquirenti a svolgere nuovi accertamenti. Ne è venuto fuori che due telefonini intestati alla Hoffmann «hanno fatto registrare diversi contatti telefonici con le utenze utilizzate nel tempo da Matacena Amedeo». Conclusione dei pubblici ministeri: «Alla stregua degli enunciati elementi di riscontro, appare evidente che la menzionata coppia Mazzetti Gianluca ed Hoffmann Elisabetta abbia nel tempo avuto contatti diretti con Matacena Amedeo e che, per tale motivo, possa essere stata impiegata per l’inoltro della riservata corrispondenza ad Antigua»(…)