Sindacalista Usb pedinata e poi cacciata da UniCoop Tirreno

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Novembre 2015 - 11:27 OLTRE 6 MESI FA
Sindacalista Usb pedinata e poi cacciata da UniCoop Tirreno

Sindacalista Usb pedinata e poi cacciata da UniCoop Tirreno

LIVORNO – Hanno assunto un investigatore privato per pedinare la dipendente, e sindacalista Usb, durante il suo congedo parentale. Poi l’hanno cacciata, accusandola di aver lavorato invece che passare il suo tempo coi figli. I protagonisti di questa vicenda raccontata sul Fatto quotidiano del 15 novembre da Roberto Rotunno sono Sara Catola e la UniCoop Tirreno. L’azienda ha accusato la donna di aver aiutato il marito nel suo bar-ristorante in 14 episodi durante il congedo preso per stare con i 3 figli.

Rotunno sul Fatto quotidiano scrive che la donna non immaginava di essere controllata e che in molti le hanno manifestato solidarietà:

“L’AZIENDA le contesta di aver approfittato del permesso per svolgere un’altra attività lavorativa e di avere quindi incassato indebitamente il 30% dello stipendio (700 euro al mese visto che il suo contratto è part-time). Per licenziarla, a UniCoop, è bastato dimostrare che in alcuni episodi ha aiutato il marito sbrigando qualche faccenda nel locale. Tra l’altro, era proprio per permettere ai figli di stare anche vicino al padre che Sara aveva deciso di passare lì le vacanze estive. “Mia figlia di otto anni – racconta al Fatto Quotidiano – mi ha chiesto per quale motivo non vado più a lavorare. Le ho risposto che sono in ferie non per vergogna ma perché non voglio che soffra. Mi basta già vedere le facce che fanno gli altri miei figli che sanno”.

Il suo rapporto di lavoro con la Coop è iniziato 13 anni fa e da otto anni svolge anche l’attività sindacale. “Durante questo periodo – prosegue – prima di essere una sindacalista, sono stata una lavoratrice sempre presente: questo è stato il mio primo congedo parentale, preso anche per problemi familiari. In passato ho rinunciato al diritto all’allattamento pur di fare qualche ora in più e guadagnare qualcosa per migliorare la nostra difficile situazione economica”.

Non solo, la contestazione alla base del licenziamento è anche la prima ricevuta da Sara in tutti questi anni di lavoro: “Mai una lettera, mai un infortunio, pochissima malattia e continui spostamenti di reparto”, conclude. L’Usb ha naturalmente fatto propria la battaglia della sua delegata ritenendola ingiusta per almeno due motivi. Primo: se anche fossero confermate le contestazioni mosse dalla Coop, comunque il licenziamento sarebbe una punizione sproporzionata rispetto alla violazione. Secondo: se anche l’indennità per il congedo parentale fosse stata percepita indebitamente, comunque il danno l’avrebbe subito l’Inps (l’ente che eroga le somme) e non certo la Coop.

Intanto a Livorno e sui social si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà: lo striscione apparso ieri nella curva amaranto è solo l’ultima: qualche giorno fa c’è stato uno sciopero di protesta. Su Twitter è stato lanciato l’hashtag #iostoconsara e l’omologo gruppo su Facebook ha raccolto in pochi giorni 1.500 condivisioni.

“QUESTO EPISODIO – ha spiegato Francesco Iacovone di Usb – ci impone di mettere al centro il problema dell’occupazione femminile che nella grande distribuzione è molto diffusa: tantissime commesse hanno contratti part-time da venti ore settimanali e la stessa retribuzione di Sara”. Unicoop Tirreno, invece, continua a difendere le ragioni del licenziamento: “Da parte della dipendente – scrive in una nota – c’è stato un chiaro e ripetuto abuso nell’esercizio del congedo parentale che ha leso il vincolo fiduciario alla base del rapporto di lavoro”.

L’azienda assicura anche che in questo caso non c’è alcun trattamento discriminatorio nei confronti di una delegata Usb perché la sanzione del licenziamento è stata utilizzata “in tutti i casi simili o assimilabili a questo”. Ricorda, infine, di aver valutato accuratamente i fatti tanto da prorogare i termini per la contestazione dopo la prima lettera inviata il 1 ottobre. Il sindacato, però, non mette in dubbio le circostanze, ma solo la distorta interpretazione che ne è stata data”.