Lo slalom tra i fiaschi dell’inutile Zanonato, Salvatore Cannavò per Il Fatto Quotidiano

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Gennaio 2014 - 09:59 OLTRE 6 MESI FA
Lo slalom tra i fiaschi dell’inutile Zanonato, Salvatore Cannavò per Il Fatto Quotidiano

Lo slalom tra i fiaschi dell’inutile Zanonato, Salvatore Cannavò per Il Fatto Quotidiano

ROMA, 29 GEN – ROMA – Blitz quotidiano vi propone oggi come articolo del giorno quello di Salvatore Cannavò per Il Fatto Quotidiano dal titolo “Lo slalom tra i fiaschi dell’inutile Zanonato”.

Ecco l’articolo:

Flavio Zanonato è uno che twitta sulle crisi. Nel senso che le affronta in Rete, per la foto di rito da inviare ai 27. 907 “follower”, seguaci più o meno consapevoli. Quando c’è una crisi, lui cinguetta. Come ha fatto con la Electrolux. Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia, preoccupata per le sorti dello stabilimento di Pordenone, il 7 gennaio gli chiedeva di fissare un “incontro urgente” con gli svedesi. Lui rispondeva con un tweet: “È fissato per il 20 gennaio”. Fiducioso nei mezzi di comunicazione moderna, non si accorgeva che l’incontro sarebbe avvenuto solo oggi, 29 gennaio. La rete, si sa, ha il pregio di farti vedere da tutti. E così foto ovunque e con chiunque. Con l’industriale cinese, “da 50 miliardi di dollari” e la nipotina Alice; con la mamma 88 enne e gli acconciatori italiani; con gli agricoltori della Cia e sul treno a Firenze; con il governo spagnolo e “i contadini cinesi”. Decine di tweet al giorno, per mostrarsi al mondo, intervenire nelle polemiche politiche, di Stato e di partito. Immancabile, la foto, con una faccia da italiano in gita che fa ciao con la manina. INTANTO, tra un cinguettio e un altro, le crisi si sono accumulate. Cento, centocinquanta, forse duecento, affrontate con una cassa integrazione qui, un contratto di solidarietà là, un rinvio di un mese. Senza mai una visione complessiva, del paese o dell’industria. Senza mai un’idea. “Zanonato e Letta fanno fuggire le imprese” ha detto Maurizio Landini, segretario della Fiom. Lo scorso dicembre i metalmeccanici della Cgil si sono piazzati sotto le sue finestre e hanno alzato un muro di finti mattoni sopra ognuno dei quali c’era il nome di un’azienda in crisi. “Ogni giorno io lavoro per questo” rispondeva sereno il ministro. I risultati non si sono visti. “Salveremo i posti di lavoro” ha detto ieri a proposito di Electrolux. Eppure di quello stabilimento non ha foto degli operai da mostrare, ma solo quella del presidente di Confindustria Pordenone che invita a “non fare polemiche”. Oggi ci sarà l’atteso annuncio della Fiat su quotazione in Borsa e sede della multinazionale. Ma Zanonato incontrerà Marchionne solo a cose fatte. Sull’Ilva si è limitato a piazzare un sub-commissario, di area Pd, accanto al commissario vero, senza risolvere una crisi che si regge sui contratti di solidarietà. Telecom se l’è vista sfilare sotto gli occhi senza batter ciglio. Su Finmeccanica e Fincantieri, buio assoluto. Sulla Rai, invece, ha tenuto duro su un punto: il canone non è stato aumentato. Al ministero, finora, lo ha coperto Claudio De Vincenti, sottosegretario-economista, tecnico competente, in grado di scrivere di Marx e Sraffa e di trattare con i minatori del Sulcis, messo lì dal Pd, forse per salvare il soldato Flavio. IL PD LO ASSORBE ogni giorno. Nello scontro congressuale non ha lesinato aiuti alla corrente di riferimento, al buon Bersani e a Gianni Cuperlo portato come la madonna pellegrina, qualche giorno fa, alla Fornace Carotta di Padova. Padova e il Veneto restano i territori da coltivare per colui che resta famoso per il muro anti-immigrati costruito da sindaco. Qualcuno lo ha accusato, quando ha realizzato la fusione di AcegasAps con la muncipalizzata Hera, di aver salvato i conti dei “compagni bolognesi” con i soldi dei padovani. E di essere, anche per questo, ricompensato con la carica di ministro. Voci, ma i comitati dell’acqua pubblica lo tengono d’occhio. Del resto, è stata l’appartenenza alla “corrente” a indurlo a far sapere ai giornali che la neo-responsabile Lavoro della segreteria Renzi, Marianna Madia, lo aveva incontrato per sbaglio, credendolo il ministro del Lavoro. E su Twitter, qualche giorno dopo, confermava tutto con un sorrisetto beffardo che traspariva dai tasti del cellulare. Solo una volta arrivava puntuale, quando, per conto del partito di appartenenza, il Pds, trasportava soldi, cioè mazzette, tra il partito e le ditte appaltatrici legate alle coop. Inchiesta condotta dall’allora pm veneto Nordio e finita bene per Zanonato. Il quale ammise tutto ma spiegò che tutto si svolgeva a sua insaputa. Di fronte a tale “disarmante difesa”, disse Nordio, “l’accusa si arrende”. La volontà di commettere il reato non era dimostrabile. Esattamente come la volontà di salvare l’industria italiana.