“Stazioni covo di rom e abusivi. E se non paghi botte e insulti”. Garzillo, Libero

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Maggio 2014 - 12:25 OLTRE 6 MESI FA
L'articolo di Libero

L’articolo di Libero

ROMA – “Chi bivacca, chi si spaccia per addetto ai bagagli e ai posteggi, chi pretende i soldi per aiutarti alla biglietteria automatica.Viaggiatori sotto assedio ma nessuno interviene” scrive Salvatore Garzillo di Libero che titola: “Stazioni covo di rom e abusivi. E se non paghi botte e insulti”.

L’articolo completo:

All’ingresso della stazione Centrale di Milano ci sono ovunque cartelli con il logo di Expo 2015. Sul lato est ci sono perfino due grosse sculture, due mascotte che reinterpretano il genio dell’Arcimboldo, simbolo dell’Esposizione universale.

Alla base di una di queste è poggiato un cingalese che ha l’aria stanca, dà l’impressione di aver lavorato molto. Con la mano sinistra regge il carrello per portare i bagagli e sembra non chieda altro che una pausa. Ma non c’è tempo, la stazione è affollata e un altro cliente ha bisogno del suo servizio di facchinaggio.

Abusivo, ovviamente. Come quello offerto dagli altri 5-6 colleghi di varie nazionalità. Da questo punto di vista l’integrazione culturale promessa da Expo sembra funzionare. Nessuno fa caso alla loro presenza, è tutto tollerato, compreso il parcheggiatore abusivo che chiede un’offerta per posteggiare l’auto nelle strisce blu.

L’offerta “a piacere” è preferibile che sia di almeno due euro e poco importa se la sosta è di pochi minuti e avete già fatto il ticket. In caso contrario può succedere quello che è accaduto domenica sera: un automobilista si è rifiutato di pagare la tassa a un romeno di 51 anni e questo lo ha aggredito verbalmente e spintonato, fino all’arrivo dei carabinieri che lo hanno arrestato per tentata estorsione.

Entriamo in stazione. Davanti alla grande scalinata che conduce al piano dei binari, c’è un energumeno dell’ est Europa. È vestito di nero e sul retro della felpa c’è scritto “massive attack”. È fermo in attesa di viaggiatori con grosse valige, soprattutto donne, ai quali chiede di portare in cima alle scale i pesanti bagagli. No, non è un servizio delle Ferrovie.

Superato l’ostacolo arriviamo alle biglietterie automatiche. Ce ne sono molte al primo e al secondo piano ed avanti a tutte c’è un rom o un extra-comunitario che offre la consulenza tecnica. Non si può sbagliare, è la persona che resta di lato alla fila e allunga il collo verso il passeggero che sta selezionando il biglietto.

«Amico faccio io ticket, tranquillo», e con la stessa sicurezza di Bill Gates in un Internet point procede all’acquisto. Inutile dire che l’aiuto ha un prezzo. Se non viene corrisposto parte l’offesa o lo sputo. Qualcun altro, invece, accetta il rifiuto in silenzio. Sono i più anziani, gente che vive da anni grazie alle mance e che preferisce non attirare l’attenzione.

Non è un’esclusiva di Milano, avviene la stessa cosa a Roma, a Napoli e a Firenze, dove i padroni indiscussi sono gli zingari. Hanno diviso il territorio tra parcheggiatori, facchini e bigliettai. I loro modi, come di- mostrano recenti episodi, sono tutt’altro che gentili e non hanno nessuna paura di attirare l’attenzione mediatica.

«Per balordo che allontaniamo – ha raccontato nei giorni scorsi un agente della Polfer fiorentina – ce ne sono dieci nuovi che arrivano».

Ma torniamo alla città dell’Expo. Con il biglietto tra le mani saliamo al piano dei binari da un’altra scalinata e a metà troviamo una ventina di persone che bivaccano sulle panchine di marmo.

Uomini e donne con bambini piccoli, alcuni neonati. Sono profughi siriani, una piccola parte delle centinaia di rifugiati che nelle ultime settimane sono transitati per la stazione Centrale per essere smistati dal Comune nelle strutture d’accoglienza.

In media la sosta è di un paio di giorni, anche se c’è qualcuno che racconta di aver dormito sul marmo per una settimana intera. Finalmente vediamo il grande tabellone con arrivi e partenze.

Aspettiamo il nostro treno e durante l’attesa un ragazzo che si regge a una stampella fa la questua ai passeggeri, ai quali allunga un bicchiere di carta con qualche spicciolo dentro. Gli abiti sono lerci, ha la barba lunga. Non tutti si impietosiscono, qualcuno gira la testa e si tura il naso, altri lo allontanano in malo modo quando si accorgono che è troppo vicino alle borse.

Di borseggiatori non ne vediamo, ma bastano le denunce che ogni giorno arrivano in questura per avere la certezza della loro presenza.

Finito il giro, il ragazzo con la barba va in cerca di un altro gruppo e, nonostante il presunto handicap alla gamba, prende le scale invece di utilizzare le comode scale mobili.

Il treno è arrivato ma sul tabellone non c’è ancora il binario. Nel frattempo assistiamo ad altri tre tentativi di consulenza alla biglietteria automatica da parte di altrettanti professionisti dell’ illegalità.

Una signora si avventura in una raffinata conversazione sociologica con uno di loro particolarmente insistente, che dopo aver ascoltato un minuto e mezzo di contestazione condita da motivazioni politico-culturali, batte in ritirata e si allontana.

Forse la signora potrebbe candidarsi a prossimo sindaco.