Folli dovrebbe imitare Schifani. Feltri, Il Fatto Quotidiano

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Agosto 2015 - 13:51 OLTRE 6 MESI FA
La lettera di Vittorio Feltri al Fatto Quotidiano

La lettera di Vittorio Feltri al Fatto Quotidiano

ROMA – “Caro direttore – scrive Vittorio Feltri con una lettera al Fatto Quotidiano – domenica ho letto il tuo fondo dedicato anche a Stefano Folli, che ti ha querelato perché in un articolo non avevi manifestato apprezzamento per la sua capigliatura da te definita simile al nido della cinciallegra. Come sai, non mi intendo molto di uccelli, ma ammetto che sono simpatici, pertanto non capisco perché il famoso notista politico di Repubblica si sia offeso”.

La lettera di Vittorio Feltri: L’importante però è che non ti offenda tu per un eventuale, improbabile rinvio a giudizio. Uno più uno meno, che ti frega. Se ti può consolare sono finito in tribunale varie volte.
In alcune circostanze me la sono cavata bene. Tempo fa, fui querelato da Romano Prodi perché avevo scritto che ha la faccia come il culo. Alcuni giorni prima del processo, mi scusai scrivendo che avevo sbagliato: “Lei non ha la faccia come il culo, ma il culo come la faccia”. Prodi ritirò la querela, dimostrando di essere una persona seria, e anche di spirito. In altra occasione scrissi che Prodi si tingeva i capelli. Lui mi sfidò: “Vieni dal mio parrucchiere e interrogalo”. Poco tempo dopo lo incontrai in un ristorante di Bologna. Mi salutò cordialmente e scherzando disse: sei più giovane di me, ma hai già i capelli bianchi.
Sulla chioma mi sono divertito anche con Berlusconi (Silvio, si intende). Scrissi che in testa aveva la moquette, un tappetino di scarso pregio e di un colore inesistente in natura. Non fiatò né, tantomeno, mi querelò. Non concepisco che Folli, pur non essendo aiutato dal cognome, si incazzi tanto con la cinciallegra che ha nidificato sul suo bel capoccione. Rivolgersi al giudice per una questione ornitologica è come fornire a Crozza il destro per farsi sfottere a vita.

CONSIGLIO a Folli di imitare Schifani, il quale un bel dì, all’improvviso, stanco di arrotolare l’unico capello che aveva in testa, lungo 152 metri, smontò il mostruoso riporto e si presentò in pubblico con la fronte spaziosa e il capo finalmente pelato, esibito con fierezza.
Se Stefano accogliesse il suggerimento, potrebbe risparmiare sulle spese per il parrucchiere (un architetto, suppongo) e magari su quelle legali. Meglio calvi che ridicoli. Meglio perdere il crine che la faccia.