Tradimenti online? No, relazione via internet non sono “corna”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Luglio 2016 - 12:36 OLTRE 6 MESI FA
Tradimenti online? No, relazione via internet non sono "corna"

Tradimenti online? No, relazione via internet non sono “corna”

ROMA – Se intrattieni flirt virtuali la separazione non può esserti addebitata. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 14414 del 14 luglio 2016, ha respinto il ricorso di un uomo che contestava alla ex una relazione via web.

Come scrive Debora Alberici su Italia Oggi,

in poche parole per gli Ermellini solo un rapporto tanto forte da ledere l’unione matrimoniale può essere causa di addebito.

Non è infatti sufficiente, scrive a chiare lettere la Suprema corte, la sola violazione dei doveri previsti a carico dei coniugi dall’art. 143 c.c. ma occorre verificare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza.

Nel caso specifico, dalla lettura della motivazione risulta che la Corte di appello di Roma abbia vagliato la presunta relazione virtuale della signora ma abbia ritenuto che il suo comportamento sia intervenuto quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza, dovuta anche a episodi di violenza posti in essere dal marito e documentati da certificati medici. Sulla base di queste valutazioni giustamente la Corte territoriale ha escluso che il fallimento dell’unione coniugale sia addebitabile a un comportamento specifico della moglie, ritenendolo invece riferibile a reciproche difficoltà nel rapporto risalenti nel tempo.

I giudici di merito, pur non ammettendo la prova testimoniale, avevano comunque ritenuto che la dimostrazione della relazione via internet non sarebbe stato un fatto giustificativo dell’addebito della separazione in assenza di una prova sull’efficienza causale di tale fatto rispetto alla crisi dell’unione coniugale. Di alcun pregio, per i Supremi giudici, neppure le doglianze della difesa sul fatto che la donna svolgeva lavoretti in nero. La disparità dei redditi continua a giustificare il contributo dovuto dal ricorrente. Ora l’uomo dovrà versare alla ex 400 euro al mese più 500 in favore della figlia minore.