Travaglio. F 35, grazia a Berlusconi, Verdini: Napolitano, Costituzione oblio

Pubblicato il 16 Marzo 2014 - 12:04 OLTRE 6 MESI FA
Travaglio. F 35, grazia a Berlusconi, Verdini: Napolitano, Costituzione oblio

Giorgio Napolitano. Per Marco Travaglio viola la Costituzione quando si occupa di F 35, Berlusconi e legge elettorale. Ha anche firmato una legge contro i pensionati consapevole che fosse del tutto incostituzionale

Aerei F 35, grazia a Berlusconi e legge elettorale scatenano Marco Travaglio contro Giorgio Napolitano.

Sono tre casi gravi ma non sorprendenti, con un presidente della Repubblica che firma una legge, quella sul contributo imposto ai pensionati, di cui conosce perfettamente la incostituzionalità al punto, secondo indiscrezioni mai smentite, da avere esercitato pressioni sul Governo perché ricordasse che la nuova legge, quella che poi Napolitano ha firmato, andava contro una sentenza della Corte costituzionale di soli pochi mesi prima. Davanti al fatto che il Presidente della Repubblica firma una legge che sa violare la Costituzione, poco contano interferenze quasi di routine.

Al caso dei pensionati, abbandonati al loro destino da Napolitano, probabilmente consapevole che intanto alla sua o alle sue pensioni nessuuno metterà mano, si aggiungo i tre casi denunciati da Marco Travaglio, anche se l’ordine in cui li ha collocati nel suo articolo sul Fatto intitolato “Il monarca incostituzionale” va un po’ cambiato, dovendosi cominciare, per implicazioni politiche (quale Governo di che partito originò l’ordine?),   economiche (si parla di miliardi di euro, per cui noi versiamo metà di quel che guadagniamo) e anche storiche (ai più anziani il nome Lockheed, quello della fabbrica degli F 35, si associa a scandalosuona sinistro).

Scrive a proposito degli F35 Marco Travaglio:

“Per la seconda volta in otto mesi, Napolitano scavalca il Parlamento per dettargli la linea sull’appalto multimiliardario per l’acquisto dei cacciabombardieri F-35 prodotti dalla Lockheed e sconsigliati come pericolosi persino dal Pentagono. Nel giugno scorso la Camera approvò la mozione Sel-5Stelle che stoppava i nuovi acquisti in vista del responsodi un’inchiesta parlamentare.

Il 3 luglio Sua Maestà riunì il Consiglio supremo di difesa e proclamò che “la facoltà del Parlamento non può tradursi in un diritto di veto su decisioni e provvedimenti che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’esecutivo”.

Balle: la legge 244 del 2012, promulgata forse a sua insaputa da Napolitano, assegna proprio alle Camere –non al governo né tanto meno al Quirinale –l’ultima parola sulle spese militari “straordinarie”, così come su quelle ordinarie che completino“programmi pluriennali finanziati nei precedenti esercizi con leggi speciali”, anche per evitare “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Proprio il caso degli F-35. Ora l’indagine parlamentare è conclusa e la relazione di maggioranza del Pd consegnata a Renzi –come ha rivelato il Fatto–chiede di dimezzare il programma F-35 a vantaggio del più efficace e meno costoso piano Eurofighter.

La ministra Pinotti ha accennato a un “ripensamento dei grandi progetti avviati” e l’entourage del premier ha ipotizzato un taglio agli F-35 per “coprire” le sue mirabolanti promesse. Riecco dunque il Monarca Ficcanaso che riconvoca per mercoledì il Consiglio di Difesa: all’ordine del giorno “le criticità relative all’attuazione della legge 244”.

Cioè, siccome una legge funziona e restituisce al Parlamento le giuste prerogative, il Colle si attiva per svuotarla e fare come se non ci fosse. Ma non può farlo. Se la legge 244 non gli piaceva, poteva rinviarla alle Camere. Invece l’ha promulgata e ora se la tiene”.

Sulla legge elettorale, nell’articolo di Marco Travaglio, c’è poco di nuovo, a parte la giusta indignazione, che non è una novità. Scrive che

“Italicum è il cugino primo del Porcellum, scritto a quattro mani [dal Turbopremier Matteo Renzi] con Denis Verdini)”.

Sulla grazia a Berlusconi Marco Travaglio racconta di un colloquio fra Napolitano e Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset e amico di Berlusconi dalle superiori, in cui Napolitano

“si disse pronto –con “un giro di parole” –a graziare Berlusconi. Ma a una condizione: “Avrebbe dovuto ritirarsi”. E Berlusconi. naturalmente, rifiutò”.

Secondo Travaglio Napolitano non ha i poteri per graziare Berlusconi, perché la sentenza della Corte costituzionale n. 200/2006,

“che modifica il potere del Presidente della Repubblica in materia, stabilisce che la grazia “esula da ogni valutazione di natura politica” e può essere concessa esclusivamente per “mitigare o elidere il trattamento sanzionatorio per eccezionali ragioni umanitarie”. Ma per Berlusconi non si poneva alcuna esigenza umanitaria (non rischiava né rischia lunghi anni di galera: solo nove mesi di domiciliari o di servizi sociali). Infatti Napolitano voleva graziarlo per valutazioni prettamente politiche, addirittura ponendogli condizioni squisitamente politiche (il ritiro dalla vita pubblica)”.

Non sorprende chi è abituato a leggere i giornali e ricorda quel che legge. Quando Mario Monti, nell’estate del 2011, si agitava come un forsennato a chiedere pareri e appoggi per diventare primo ministro, la trattativa vera era con Berlusconi, il quale sapeva di essere destinato a cadere per colpa di Umberto Bossi, che non voleva sentir parlare di riforma delle pensioni.

Berlusconi non poteva aprire una crisi, perché fuori c’erano i carabinieri della Bocassini con le manette già pronte. Allora trattò: il suo successore, i nomi dei ministri, le garanzie per sé e le sue tv, incluso il salvacondotto di cui si favoleggiava nei giornali di sinistra da mesi e mesi.

Berlusconi era così convinto di averla fatta franca che a un certo momento disse: “Lascio la politica, ora c’è Monti”. Chi non ricorda, legga qui. Era il 24 ottobre del 2012. Due mesi, dopo, il 18 dicembre, Berlusconi aveva cambiato idea. Nel frattempo, due giorni dopo le sue parole di rinuncia, dette forse proprio per ammansire i giudici, Berlusconi era stato condannato per evasione fiscale dal Tribunale di Milano nel cosiddetto processo Mediaset.

Aveva capito che il salvacondotto era inefficace, che alcuni giudici non leggevano la firma in calce e aveva così deciso di tornare all’antico. E il delfino Monti affondò.

La conclusione di Marco Travaglio è che Napolitano

“calpesta la Corte costituzionale e la Costituzione […di cui] “continua a infischiarsi, ma che sarà mai. Una volta più, una volta meno..”.

Appunto, la volta dei pensionati, che Travaglio dimentica.