Tre feste nelle celle: trasferiti jihadisti in carcere

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Agosto 2016 - 10:19 OLTRE 6 MESI FA
Tre feste nelle celle: trasferiti jihadisti in carcere

Tre feste nelle celle: trasferiti jihadisti in carcere (Foto archivio Ansa)

ROMA – I jihadisti in carcere in Italia festeggiavano dopo gli attentati terroristici in Europa. Tre le feste nelle celle dopo le stragi tra i detenuti radicalizzati, tra cui un brindisi per l’attacco a Dacca. I detenuti in Italia in regime di alta sicurezza sono 39 e dopo le feste in cella sono stati trasferiti in altri carceri.

Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera scrive che sono oltre 200 i detenuti jihadisti che hanno esultato al grido di Allah Akbar subito dopo gli attacchi terroristici dell’Isis, come ha riferito il ministro della Giustizia Andrea Orlando, e per questo sono tenuti sotto stretta osservazione e sono stati trasferiti:

“I festeggiamenti
Il primo episodio risale al 13 novembre 2015, quando vengono compiuti gli attacchi coordinati di Parigi contro il Bataclan, lo Stade de France, un bistrot. Mentre Daesh rivendica la strage, nelle galere si grida e si esalta la «missione». Scatta l’allarme, si decidono i primi sfollamenti. Sono 163 i reclusi coinvolti nelle verifiche. Quattro mesi dopo è ancora festa. Due commando attaccano l’aeroporto di Zaventem a Bruxelles e la metropolitana della capitale belga. Ci sono decine di morti. A brindare nelle celle sono in 56. Accade nuovamente qualche settimane fa. Le vittime sono nove italiani che in un ristorante di Dacca, in Bangladesh, hanno organizzato una cena per salutarsi prima di partire per le vacanze. I fondamentalisti li hanno presi in ostaggio e poi sgozzati. Il «bollettino» dei penitenziari certifica che otto detenuti hanno approvato platealmente la loro impresa.

I mille agenti
Con questo si fanno adesso i conti. Il Guardasigilli ha parlato di «354 detenuti interessati dal fenomeno della radicalizzazione in carcere, di cui è possibile fornire una distinzione in base al grado di pericolosità. Tra questi, 101 per i quali non sono emersi segnali concreti di radicalizzazione, restando però sospettati e sottoposti ad osservazione». Donato Capece, il segretario nazionale del Sappe — il sindacato degli agenti penitenziari — ha già chiesto l’impiego di 1.000 nuove guardie carcerarie «specializzate e addestrate proprio per effettuare osservazione e prevenzione di questi fenomeni». Ma propone anche che «chi è ritenuto pericoloso o comunque a rischio di forte radicalizzazione possa essere spostate nelle colonie di Gorgona e Pianosa. In questo modo, queste persone sarebbero isolate dagli altri reclusi e non avrebbero la possibilità di nuocere in alcun modo. Anzi, il fatto di impiegarli in un lavoro li aiuterebbe ad uscire dall’ossessione che alcuni hanno proprio per la religione».

L’alta sicurezza
L’intelligence ha da tempo avviato un monitoraggio sui detenuti, ma anche sulle centinaia di persone — volontari, imam, medici, assistenti sociali — che ogni giorno varcano i portoni delle carceri ed entrano in contatto con i reclusi. Numerosi sono gli «ascolti» interni proprio nella consapevolezza che i penitenziari siano uno dei luoghi dove più forte è il pericolo di radicalizzazione che poi potrebbe manifestarsi negativamente al momento della scarcerazione”.