Vaticano, entri col coltello in tasca. Esperimento di Franco Bechis VIDEO

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Gennaio 2015 - 11:32 OLTRE 6 MESI FA
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L’esperimento di Franco Bechis

ROMA – Franco Bechis, giornalista, racconta su Libero Quotidiano, come martedì 13 gennaio 2015, a poche ore dall’ennesimo allarme terrorismo e dalle minacce dirette dell’Isis a Roma e al Vaticano è entrato all’interno della basilica di San Pietro con un coltello da cucina affilato (QUI IL VIDEO), in grado di ferire o uccidere qualcuno.

Il coltello, acquistato in un negozio di casalinghi della zona, ha passato i controlli di sicurezza verso le ore 18 di martedì 13 gennaio, e non è stato rilevato dagli agenti di polizia che vigilavano sui due varchi aperti per gestire il flusso (a quell’ora ridotto) di turisti che ancora volevano visitare la basilica di San Pietro. Il coltello, con la relativa fodera per non ferirsi, era all’interno della mia giacca, e l’ho tirato fuori e filmato in un video all’interno della basilica, cercando di farlo al riparo degli occhi dei turisti per non creare panico e un inutile allarme all’interno di un luogo di culto così rilevante. Ma certo la possibilità di introdurre così facilmente un oggetto tagliente che potrebbe essere utilizzato come arma dal primo pazzo di turno non è rassicurante. Come non lo è il sistema dei controlli in atto a piazza San Pietro a pochi giorni dalla strage di Parigi, dalle minacce diffuse dall’Isis anche con un video che ipotizzava un prossimo attacco a San Pietro, e dagli allarmi lanciati all’Italia sia dai servizi segreti di alcuni paesi arabi che da quelli israeliani su Roma e il Vaticano nel mirino dei terroristi islamici.

Mi sono infilato il coltello nella tasca della giacca, ho nascosto il coltellino che l’aveva fatta franca al primo giro dietro una palizzata (dove l’avrei ritrovato mezz’ora dopo) e mi sono ripresentato ai varchi. Erano cambiati i poliziotti di vigilanza, e non c’era più coda: con me solo un sacerdote italiano. L’agente ai controlli mi ha fatto cenno di passare al varco pedonale. Gli ho fatto presente di avere indosso molti oggetti metallici. Allora mi ha fatto passare di nuovo la giaccavento sui rulli. All’interno della giacca però avevo ancora molte cose: quando sono passato ai raggi pedonali, è suonato l’allarme. Ho tolto prima un telefonino, e sono passato. Ma suonava ancora. Poi il registratore, poi gli occhiali, una penna, un astuccio, una pila, una mini Go pro e ripetuto quattro – cinque volte il passaggio ai varchi. All’ultimo restava il coltello, che mi sono ben guardato dal tirare via. Passo ai varchi e l’agente mi dice: «Ecco, questa volta ha poco ferro, va bene». Faccio qualche passo, prendo la giaccavento e ricompongo la mercanzia. L’agente mi ferma di nuovo, e mi corre un brivido… Lui però ce l’ha con la videocamera: «Mi spiace, quella non la può usare, in questi giorni è vietato girare immagini della piazza». Protesto, e indico tutti i turisti che lo stanno facendo in quel momento. Lui non sente ragioni: «Usano i telefonini. La telecamera deve essere autorizzata». Gli dico che avevo chiesto di salire sul sagrato e filmare dall’altra parte della piazza a una guardia svizzera (è vero), e che gentilmente mi aveva detto di entrare dai varchi di sicurezza e che poi potevo farlo. «Poteva dirlo subito», mi replica il burbero agente, «allora aveva l’autorizzazione della guardia svizzera per la telecamera…». Rispondo secco: «Sì, certo». E mi incammino tenendo stretto il coltello da cucina verso la basilica.