Zanda bacchetta Renzi: “Il segretario è stato male informato”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Luglio 2014 - 11:24 OLTRE 6 MESI FA
Matteo Renzi

Matteo Renzi

ROMA – il capogruppo democratico – scrive Dino Martirano del Corriere della Sera – Luigi Zanda, ex Margherita — sostenitore della linea impressa al partito da Renzi non certo nell’ultima ora — prende le difese dei vari Chiti, Mucchetti, Tocci, Casson, Mineo che finora hanno fatto davvero pochi sconti a lui e al testo del governo: “Con questa riforma del bicameralismo, che è un buona riforma — spiega Zanda — impegniamo l’Italia per i prossimi decenni, per cui non dobbiamo meravigliarci se c’è un dibattito forte, se ci sono scontri di opinione”.

L’intervista completa:

Il presidente Renzi però ha liquidato gli oppositori interni, non solo del Pd, come scrocconi che puntano all’elezione diretta per poi continuare a intascare l’indennità. Ingeneroso?
«Riguardo al dibattito interno tra i senatori del Pd, io sono un testimone privilegiato e assiduo. Seguo giorno per giorno le opinioni dei senatori e soprattutto seguo le opinioni di chi dissente dalla maggioranza anche se non ho mai nascosto che non condivido le loro critiche al lavoro fatto dai relatori: però, devo dire, onestamente, di non aver mai sentito nessun senatore del Pd mostare una qualche nostalgia per la perdita dell’indennità. E so che nessuno di loro lo pensa. Ecco, io credo che su questo punto il presidente del Consiglio deve essere stato male informato».
L’effetto però si è sentito. Da Chiti del Pd a Minzolini di FI, i non allineati con il patto del Nazareno mostrano di esser indignati per l’accusa di essere venali lanciata dal premier.
«Il dibattito sulla Riforma del Senato ha avuto in molti momenti toni sbagliati. Io ho sentito parlare di regime, di svolta autoritaria e di altro ma queste parole a uno come me, che crede fermamente nei principi repubblicani, fanno male. Fanno più male di un inciso sull’indennità».
Sempre Vannino Chiti aveva chiesto a Renzi e al ministro Boschi, come gesto di distensione, di chiarire in Aula, in sede di replica al dibattito sulla riforma, quali sono le reali intenzioni del governo sull’«Italicum». È una richiesta ricevibile?
«Quattro mesi fa c’è stata la scelta di mandare avanti la riforma costituzionale rispetto alla legge elettorale: i due provvedimenti viaggiano in Parlamento a velocità diverse ma, come è ovvio, in una democrazia sono collegati. Va anche detto che anche per la legge elettorale noi dobbiamo aspirare a maggioranze molto ampie: io considero molto positivo che, oltre ai parlamentari di opposizione di Forza Italia e della Lega, anche il Movimento 5 Stelle chieda di partecipare alla riforma elettorale. Per cui, in questo quadro, è giusto che ogni parlamentare abbia aspirazioni di modificare il testo».
Quali sono i margini per modificare l’Italicum approvato alla Camera con i voti del Pd e di FI?
«Io credo che sia legittima l’aspettativa di chi vuole vedere aumentata la soglia del 37,5%, oltre la quale scatta il premio di maggioranza, oppure ridotta e unificata, al 4-5%, la soglia bassa di sbarramento. È altresì legittima l’aspirazione di chi vuole mantenere il ballottaggio, di chi chiede norme sulla protezione di generi diversi e che consentano a un elettore di scegliere il parlamentare».
C’è una terza via, oltre le preferenze e i collegi uninominali?
«Io preferisco i collegi alle preferenze ma la mia opinione conta poco. Per cui bisogna trovare il punto di convergenza…»
Forza Italia non mollerà mai…
«Il capitolo della legge elettorale si è aperto solo nelle interviste ai giornali. Il confronto deve ancora iniziare. Aspettiamo dunque che cominci».
Devono attendere anche Chiti e gli altri senatori che chiedono al governo di chiarire la linea sull’Italucm in Aula, prima del voto sul Senato?
«Sarà il governo a decidere, su questo».