Alzheimer Nation: 36 mln nel mondo. Salute e profitti, 2012 decisivo per la cura

Pubblicato il 17 Luglio 2012 - 13:35 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Cura dell’Alzheimer: questo è un anno spartiacque. Per la “nazione” dei 36 milioni di pazienti in tutto il mondo colpiti dalla malattia. E per le grandi case farmaceutiche, specie americane, al bivio decisivo tra il successo finale nella sperimentazione dei farmaci e il parziale fallimento attuale nelle terapie che finora riescono ad aggredire la sintomatologia ma non vanno oltre. Salute e profitto sono strettamente collegati: il mercato attuale vale 3 miliardi di dollari, potenzialmente può arrivare a 10 miliardi di dollari.

Sapremo presto, almeno a giudicare da un articolo proposto dal Wall Street Journal del 17 luglio, se una combinazione di farmaci efficaci sarà finalmente trovata. A ottobre, per esempio, data entro la quale la Eli Lilly and Co. dovrà fornire i risultati degli obiettivi di ricerca che si era posta. Due test che riguardano la somministrazione di un anticorpo che agisce da neuro-protettore (solanezumab) a 2.050 pazienti in un trattamento della durata di un anno e mezzo.

Gli analisti finanziari hanno già fatto due conti: se i test andassero male la società perderebbe un 10% secco del valore delle proprie azioni. In questo momento, per la Lilly le scommesse non sono troppo incoraggianti: le possibilità che la nuova terapia inizi a sconfiggere veramente l’Alzheimer sono date al 15%, che aumentano al 50% se i test dovessero andar bene. Nel 2010 la Lilly ha dovuto interrompere tre sviluppi del semagacestat: la terapia aggravava invece che curare. Stessi fallimenti hanno incontrato la Myriad Genetics Inc’s Flurizan e la Neurochem Inc’s  Alzhemed. Anche la Pfizer, la Johnson & Johnson, la Roche sono in fibrillazione per vedere infine che destino avranno i centinaia di milioni di dollari di investimenti. Se le cose vanno bene triplicheranno il loro volume d’affari.

Tutto ruota intorno all’imprendibile causa della degenerazione neuronale che porta alla demenza. Gli screening video mostrano nitidamente quel grumo di beta-amiloidi accumulato in placche che è l’indizio più sicuro della malattia. Il punto che la crescita di questo grumo potrebbe essere solo uno dei fattori scatenanti, spingendo addirittura molti scienziati a pensare che una volta formatosi non ci sia più nulla da fare. Ma la scommessa dei sostenitori è lanciata: su quella ipotesi, sulla rimozione delle placche proteiche di beta-aminoacidi si gioca una fetta del futuro di un sacco di investitori, oltre che delle stesse corporation. E dei 36 milioni che diventeranno, e questa non è una ipotesi, sempre di più.