Alzheimer, passo per cura vera: scoperto come proteina Tau mummifica cervello

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Luglio 2017 - 09:14 OLTRE 6 MESI FA
Alzheimer, passo per cura vera: scoperto come proteina Tau mummifica cervello

Alzheimer, passo per cura vera: scoperto come proteina Tau mummifica cervello (foto Ansa)

ROMA – Alzheimer, passo per la cura vera. Ce ne vorranno altri e tanti di passi verso una cura che ora non esiste. Ce ne vorranno probabilmente ancora di anni. Anni di ancora ricerche e poi sperimentazioni e poi verifiche cliniche. Anni, forse molti anni. Ma un piccolo passo decisivo è stato fatto. Decisivo perché è un passo sulla via che di solito scienza, biologia, chimica, fisica e medicina percorrono quando finalmente sanno dove vanno.

La via per affrontare una patologia è quella di conoscere come lavora l’agente che la scatena. Non solo sapere “chi” o “cosa” induce Alzheimer, questo la medicina in buona sostanza lo sa già. Uno degli agenti dell’Alzheimer è la proteina Tau. Per dirla in maniera estremamente semplifica, la proteina Tau quando funziona in maniera fisiologica corretta collabora non poco al viaggio degli impulsi tra neuroni.

Ma talvolta la proteina Tau mal funziona ingabbia, letteralmente ostruisce la comunicazione neuronale. L’eccezionalità dello studio appena reso noto nelle sue conclusioni è stata l’osservazione, per la prima volta, di come fa la proteina Tau a spegnere per così dire parti del cervello.

Si è visto che lo fa costruendo dei filamenti che avvolgono, imbozzolano, quasi mummificano materia cerebrale. Si tratta di filamenti “bende” ovviamente non percepibili ad occhio nudo e nemmeno ad una normale osservazione a livello di microscopio. L’eccezionalità della ricerca e scoperta sta proprio nell’aver visto con tecniche d’avanguardia ciò che prima non si era mai visto: la tipologia delle strutture con cui proteina Tau prima marca, poi stende e quindi imbozzola materia cerebrale.

Ora che è stata vista, ora che è visibile la “rete” che la proteina mal funzionante stende intorno e tra i neuroni, ora la si può studiare. Vedere di cosa è fatta e composta. E quindi di conseguenza si potrà cominciare a ipotizzare i materiali con cui tagliare e demolire la rete. Ora che possiamo guardare di che metalli è fatta la prigione dove finisce il cervello in Alzheimer, ora si potrà cercare come tagliarli, fonderli, scomporli quei “metalli”. Ci vorranno anni, chissà quanti di cammino, ma la strada giusta è stata imboccata.