Depressione, diabete, pancia: quel legame col cortisolo, l’ormone dello stress

Pubblicato il 17 Agosto 2016 - 07:19 OLTRE 6 MESI FA
Depressione, diabete, pancia: quel legame col cortisolo, l'ormone dello stress

Depressione, diabete, pancia: quel legame col cortisolo, l’ormone dello stress. Nella foto, Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano e presidente della Società Italiana di Psichiatria,

Depressione diabete e…pancia. Diabete e depressione non sembrano collegati ma coesistono. Sono tutti segnali inquietanti. Studi e ricerche degli ultimi anni hanno confermato quello che poteva apparire già a prima vista, solo che il supporto della prova scientifica fa inquadrare meglio i problemi. La chiave sembra risiedere nel cortisolo, lo ormone dello stress, che fa aumentare il grasso quando il nostro umore è depresso.

Chi soffre di diabete, è la conclusione cui è giunto il prof. Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano e presidente della Società Italiana di Psichiatria, può cadere in depressione, chi soffre di depressione ha maggiore vulnerabilità nei confronti del diabete.

Punto di partenza uno studio del Rush University Medical Center di Chicago, del 2009, che ha confermato il legame tra depressione e malattie cardiache e diabete. Il legame era noto, ma i medici non riuscivano a collegare in un rapporto di causa-effetto un disturbo dell’umore e il rischio di contrarre vere e proprie malattie.

Secondo Lynda H. Powell , che guidò il team di ricercatori del centro medico della Rush University che ha condotto l’indagine su un campione di 409 di donne di mezza età, pubblicata dalla rivista Psychosomatic Medicine, ora è stato provato che la “adiposità centrale”, che le persone chiamano “pancetta”, è “un mezzo importante con cui la depressione contribuisce ad aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e diabete”. Il grasso interno, che si accumula intorno agli organi nella pancia, è molto più pericoloso per la salute di quello superficiale, appena sotto l’epidermide, pur se quest’ultimo può sembrarci tanto antiestetico. C’è, ha verificato Lynda H. Powell col suo team di ricercatori, un importante collegamento tra sintomi depressivi e grasso viscerale, messo in evidenza dalle Tac, specialmente nelle donne in sovrappeso e obese: le donne con depressione più grave avevano il 24,5% di grasso viscerale in più delle donne meno depresse. Quanto al grasso sottocutaneo, gli scienziati non hanno riscontrato nessuna associazione con i sintomi depressivi. Ma perché la depressione fa crescere il grasso intorno agli organi interni? L’ipotesi della Powell è che quando l’umore è depresso aumenta la produzione dell’ormone dello stress, il cortisolo, e di alcuni composti che creano infiammazione.

La tesi è condivisa dal prof. Claudio Mencacci, : “Da tempo è stato riscontrato un rapporto tra depressione e dismetabolismo”, ha affermato in una video intervista al Corriere della Sera, anche se, ritiene il prof. Mencacci, “non c’è una correlazione tra le due malattie [depressione e diabete], entrambe in grandissima diffusione: una co-presenza che ha un effetto aggravante. Sempre più dati clinici dimostrano che chi soffre di depressione ha la glicemia più alta e maggiore resistenza all’insulina e che è frequente (fino al 30%) la co-presenza delle due patologie”.

Aggiunge Mencacci: “Spesso quando le persone pongono problematiche di carattere psichico non ricevono cure adeguate, nonostante la presenza di una malattia fisica. Se invece la co-presenza viene riconosciuta è possibile intervenire e il trattamento della depressione, sia farmacologico che psicoterapico, comporta una riduzione della glicemia e di altri parametri del diabete. E non va dimenticato che il depresso riduce la sua adesione alle cure, alla dieta, all’attività fisica e a tutto ciò che è necessario per guarire”.

Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, in Italia ci sono 4 milioni di depressi, fra il 7 e il 12 per cento della popolazione; sono 30 milioni in Europa, 350 milioni nel mondo.

Uno studio condotto su quasi duemila teenager mostra che circa un terzo dei ragazzi tra i 15 e i 18 anni soffre di qualche tipo di disturbo ansioso-depressivo.

Eppure, commenta Claudio Mencacci, “malgrado sia una malattia sempre più diffusa è ancora forte il senso di vergogna che l’accompagna. Chi ne soffre stenta a riconoscere di avere un problema serio e a recarsi dal medico, tanto che sappiamo che tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi passano in media due anni”.

La depressione si può curare: “Se si interviene già dopo il primo episodio – non solo con i farmaci ma anche con la psicoterapia – il tempo medio di trattamento va dai 9 ai 12 mesi”.