Fecondazione eterologa, quanto costerà? In Lombardia 3mila €, in Emilia gratis

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Settembre 2014 - 13:52 OLTRE 6 MESI FA
Fecondazione eterologa, quanto costerà? In Lombardia 3mila €, in Emilia gratis

Fecondazione eterologa, quanto costerà? In Lombardia 3mila €, in Emilia gratis

ROMA – Una coppia sterile che decide di seguire la strada della fecondazione eterologa in Italia potrebbe ritrovarsi persa in una vera e propria giungla. Prendiamo una coppia che vive a Milano: si troverebbe un salato conto da pagare di almeno 3mila euro. Un’altra coppia di Bologna, invece, potrebbe accedere alla fecondazione eterologa gratuitamente.

Questo perché ogni Regione, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dato il via libera lo scorso 9 aprile, può emanare una propria delibera in attesa che il ministero della Salute decida se inserire o meno tra i Lea, i livelli essenziali di assistenza della sanità pubblica, la fecondazione eterologa.

Michele Bocci e Oriana Liso su Repubblica spiegano che la situazione rimane confusa in tutta Italia:

“Nel Lazio il governatore Nicola Zingaretti l’ha annunciata per martedì, ma le prime indiscrezioni fissano il ticket ad un livello molto più alto delle vicine regioni rosse: 1.800 euro, perché il commissariamento in atto della sanità regionale non permetterebbe flessibilità. Ancora nulla, invece, in un’altra decina di regioni. Anche dove le delibere ci sono già, si è andati in ordine sparso.

La Toscana ha pensato ad un ticket da 500 euro: il resto (la stima è di circa 3mila euro a intervento) sarà coperto dal Sistema sanitario regionale. In Emilia- Romagna la giunta di centrosinistra ha annunciato la gratuità, ma si pagheranno tutti gli esami pre-impianto. In Veneto, il governatore leghista Luca Zaia fissa tra i 200 e i 300 euro il possibile ticket. Il rischio, quindi, è che parta un turismo sanitario dalla vicina Lombardia: la giunta di Roberto Maroni ha deciso che il Pirellone non metterà un euro”.

Una giungla che riguarda non solo i costi, ma anche i criteri di accesso alla pratica, come l’età massima della futura madre:

“Le linee guida nazionali hanno fissato a 43 anni l’età massima, per la donna ricevente, per rientrare nei Lea, i livelli essenziali di assistenza della sanità pubblica. Il Friuli Venezia Giulia, però, ha spostato quel limite a 50 anni. Spiega la costituzionalista Marilisa D’Amico: «Quel tetto potrebbe essere motivo di ricorso, perché l’età biologica varia da donna a donna». Nelle coppie che in questi anni sono andate all’estero per l’eterologa quasi il 70 per cento delle donne ha più di 43 anni (prima, spesso, ha provato con l’omologa): il rischio, quindi, è che la questione del ticket riguarderà meno della metà delle donne in attesa”.

E anche la questione dei donatori non sarà di facile risoluzione:

“Le linee guida nazionali fissano l’età dei donatori in 18-40 anni per gli uomini e 20-35 anni per le donne, con la donazione totalmente gratuita. Di qui il timore: quante donne giovani e in salute saranno disposte a sottoporsi alla trafila di esami e prelievi (ovviamente più lunga e invasiva di quella degli uomini) e alla stimolazione ormonale per fare un “regalo” ad altre donne? Il rischio è che ne risulterebbero favoriti alcuni centri privati (quelli che hanno banche estere), senza considerare che bisognerà mettere a punto un albo nazionale dei donatori a prova di privacy e di sicurezza sanitaria”.

Intanto prosegue la lite tra Roberto Maroni, governatore della Lombardia che non ha intenzione di investire i soldi della Regione nell’eterologa, e Enrico Rossi, presidente della Regione Emilia Romagna, che invece ha disposto la gratuità del ticket per le coppie sterili.

Per Carlo Lusenti, assessore alla salute della Regione Emilia Romagna, la scelta della Lombardia è di altre Regioni è “autolesionismo”:

“«Abbiamo fatto lo sforzo, importante e molto significativo dal punto di vista politico, di condividere le linee guida e le regole di funzionamento sull’eterologa appena la settimana scorsa. Differenziarsi da quanto stabilito è incomprensibile e autolesionistico. Le Regioni hanno esercitato una funzione di governo sostitutiva, se un attimo dopo si diverge e ognuno va per la sua strada ci si rimangia quella scelta unitaria»”.

Lusenti spiega a Repubblica il motivo per cui le Regioni, quando si parla di ticket, hanno idee molto diverse:

“«Le differenze sono legate a come funziona la compartecipazione regionale introdotta con il cosiddetto “superticket”. Ogni realtà locale ha trovato una sua strada e infatti ci sono centinaia di prestazioni che comportano spese diverse per i cittadini. Ma vorrei far notare che per quanto riguarda l’eterologa, si tratta di una prestazione molto particolare e non credo che ci sia qualcuno che, ad esempio, si sposta dalla Toscana all’Emilia per spendere 3 o 400 euro in meno per il trattamento»”.

Massimo Bertoli, responsabile del centro di Procreazione Medicalmente Assistita del Carlo Poma di Mantova, in Lombardia, parla di un duro colpo per le coppie sterili a Roberto Bo della Gazzetta di Mantova:

“«E adesso che cosa dico alle trecento coppie sterili che negli ultimi mesi si sono rivolte al nostro centro per avere informazioni, prenotare l’eterologa e sognare di diventare genitori?»”.

Mario Mantovani, assessore regionale alla salute in Lombardia, spiega a Bo che le tariffe sono ancora in via di definizione:

 “«Saranno stabilite con una successiva delibera e la richiesta potrà essere fatta solo in caso di infertilità e sterilità assoluta e irreversibile»”.

Una condizione, spiega Bertoli, che di fatto impedisce il ricorso alla fecondazione eterologa in Lombardia:

“«Allo stato attuale significa che se la Regione non cambierà idea, in Lombardia l’eterologa non la farà nessuno e i richiedenti emigreranno tutti in altre regioni, probabilmente quelle confinanti che faranno pagare solo un ticket. La Corte Costituzionale aveva sentenziato per lanciare il messaggio che l’eterologa non doveva essere una procedura che differenziava la gente in base al censo e al conto in banca. Prima andavano tutti in Spagna, adesso diamo anche in Italia questa possibilità e smettiamola con le fughe all’estero»”.

Per Bertoli dunque la delibera della Regione ha poco senso, tanto che la definisce “anticostituzionale”:

“«E pensare che all’inizio proprio la Lombardia non aveva messo alcun paletto all’omologa, diventando di fatto la regione più liberale d’Italia e quella dove si fa il più alto ciclo di interventi, 25mila all’anno, un terzo di quello che si fa in Italia. Adesso diventa un controsenso aver posto una restrizione all’eterologa»”.