La prima trachea bioartificiale di Macchiarini cervello rifiutato dall’Italia

Pubblicato il 17 Settembre 2012 - 09:46 OLTRE 6 MESI FA
Il professor Paolo Macchiarini

ROMA – Due notizie: in Svezia è perfettamente riuscito l’impianto di una trachea bioartificiale su un malato terminale di cancro senza più speranze, intervento realizzato da una equipe guidata da un geniale medico italiano, il professor Paolo Macchiarini, viareggino, già autore dei primi trapianti di trachea e letteralmente fuggito due anni fa dall’ospedale Careggi di Firenze dove gli era impossibile lavorare. Un caso esemplare: il grande scienziato e ricercatore italiano che si fa onore nel mondo per le sue scoperte, perché salva vite umane e nobilita la medicina chirurgica, non ha cittadinanza professionale nel suo paese di origine.

Nel luglio 2010, eseguiti gli ultimi due trapianti a Firenze per un debito d’onore con i due pazienti che avrebbe salvato, sbatté la porta e se ne andò. Era già un luminare, anche allora i suoi trapianti di trachea (prelevata da donatori) era il primo ad eseguirli nel mondo. Adesso, nel laboratorio che dirige al Karlinska Instuitute a Stoccolma, ha fatto ancora di più in quella che viene chiamata ingegneria dei tessuti. La nuova trachea realizzata e impiantata da Macchiarini è un ibrido tra materiali plastici porosi e cellule umane prelevate dal corpo del paziente. L’impalcatura artificiale viene introdotta di una specie di incubatore, una reattore biologico dove crescono e si integrano con la struttura artificiale tessuti generati dal cellule staminali prelevate dal midollo osseo. Andemariam Beyene, il fortunato etiope che per primo si è sottoposto alla sperimentazione sugli uomini della trachea bioartificiale, era “praticamente morto” come confessa al New York Times. Ciò nonostante era riluttante a fare, diciamo così, da cavia umana per un trattamento eseguito fino ad ora solo sui maiali.

Macchiarini lo ha convinto ed è stata la sua fortuna. Non riuscì a convincere invece il suo ospedale di Firenze a metterlo nelle migliori condizioni per lavorare. Ostavano ordinarie invidie e vincoli burocratici, miopia e incapacità di valutare il capitale scientifico a disposizione. Macchiarini ha fama di uno che non le manda a dire, dicono anche che abbia chiesto un contratto a sei zeri: certo è che almeno una stanza nel reparto che dirigeva potevano procurargliela. E dire che la Regione con il presidente Enrico Rossi in persona si era prodigata felicemente per farlo tornare in Italia dopo trent’anni di specializzazioni in tutto il mondo.

Niente da fare, lui sospettava addirittura che il 99% del personale del Careggi sperava che il trapianto condotto con 35 persone di staff e sul quale c’erano gli occhi del mondo puntati, andasse male. Da La Repubblica del 10 luglio 2010: “Ero andato via trent´anni fa, ho ritrovato una situazione peggiore. I bravi restano indietro. Figurarsi che il professore ordinario di Careggi nella mia materia vieta agli specializzandi di venire a imparare da me. Così non vanno in sala operatoria. A me ormai non mi fanno più ordinario a Firenze, mi spiace per i miei collaboratori, che non potranno avere una carriera accademica. Penso alle famiglie che fanno di tutto per far studiare i figli e poi li vedono sorpassati perché non c´è meritocrazia. Mi dispiace andare via, anche perché sono toscano ma contro certi muri, soprattutto accademici non si può fare nulla”. Oggi le sue im prese le compie in un ospedale svedese e ne dobbiamo leggere i resoconti dal New York Times.