Cinquant’anni dopo, gli scienziati studiano di nuovo l’Lsd: combatte la depressione

Pubblicato il 13 Aprile 2010 - 18:20| Aggiornato il 14 Aprile 2010 OLTRE 6 MESI FA

Il dottor Clark Martin, in qualità di psicologo, conosceva bene le cure tradizionali per la depressione, ma la sua sembrava incurabile nonostante tutti gli sforzi ed i farmaci.

Nulla aveva effetto su di lui fino a quando, all’età di 65 anni, ebbe la sua prima esperienza psichedelica. Si recò alla scuola di medicina dell’università John Hopkins per prende parte ad un esperimento con la psilocybina, un ingrediente psicoattivo che si trova in certi funghi.

Gli scienziati stanno considerando sotto una nuova luce gli allucinogeni, che divennero tabù dopo che ”guru” come lo psicologo di Harvard Timothy Leary diffuse l’Lsd nella sotto-cultura hippie degli Anni Sessanta con il famoso slogan ”Turn on, tune in, drop out” (vagamente traducibile con ”accendetevi, sintonizzatevi, sparite”).

Adesso, con tutte le precauzioni e controlli del caso, gli scienziati hanno ottenuto il permesso di studiare nuovamente la sostanza come potenziale trattamento per i problemi mentali e mezzo per spiegare la natura della coscienza.

Dopo aver ingerito la sostanza, il dottor Martin si coprì gli occhi, si mise delle cuffie stereo e si distese su un divano ascoltando musica classica mentre contemplava l’universo.

”Tutt’a un tratto”, racconta, ”tutto quanto era famigliare cominciò ad evaporare”. Spiegandosi meglio, dice ”Immaginate di cascare da un battello in mezzo all’oceano, vi girate, e il battello non c’è più. Poi non c’è più il mare. E infine non ci siete più neanche voi”.

Oggi, un anno dopo il suo ”viaggio”, il dottor Martin ritiene che la sua esperienza lo abbia aiutato a sconfiggere la depressione ed a trasformare le sue relazioni con sua figlia e i suoi amici. Considera il suo ”viaggio” tra gli eventi più importanti della sua vita, come altri soggetti che hanno seguito lo stesso percorso.

Ricercatori e studiosi provenienti da ogni parte del mondo si riuniscono questa settimana a San Jose, California, per partecipare alla più grande conferenza sulla scienza psichedelica mai tenuta negli Stati Uniti da 40 anni. Discuteranno gli effetti di sostanze psichedeliche per curare tra l’altro la depressione nei malati di cancro, gravi forme ansiogene, alcolismo e dipendenza dagli stupefacenti.

I risultati finora sono incoraggianti, ma preliminari, e i ricercatori avvertono di non dare troppa importanza a questi primi studi. Non vogliono ripetere gli errori degli Anni Sessanta, quando scienziati improvvisatisi evangelisti esagerarono la loro comprensione dei rischi e dei benefici degli allucinogeni.

Quella del ricorso a droghe allucinogene non è l’unica risposta, potenzialmente efficace ma politicamente scorretta, per affrontare la depressione. Un interessante studio sottolinea le proprietà terapeutiche dell’insonnia. Proprio così: dormire poco anzi sarebbe una mano santa per ridurre i disagi di donne che soffrono il post partum. La privazione del sonno può, infine, migliorare l’umore anche nelle persone non depresse e può indurre euforia. Basta non strafare.