Dna sopravvive a viaggio nello spazio, svolta per caccia a ET

Pubblicato il 27 Novembre 2014 - 20:06 OLTRE 6 MESI FA
Dna nello spazio

Dna nello spazio

SVIZZERA, ZURIGO – Il Dna è in grado di sopravvivere ad un viaggio nello spazio. Lo dimostrano le piccole molecole con le ‘istruzioni’ per la vita che sono state attaccate alla superficie esterna di un razzo sonda: dopo aver affrontato le condizioni estreme del lancio, del viaggio nello spazio e del rientro nell’atmosfera terrestre, sono state recuperate intatte e ancora funzionanti.

I risultati di questo sorprendente esperimento, che imprime una svolta nella ricerca della vita extraterrestre, sono pubblicati su Plos One dai ricercatori dell’università di Zurigo coordinati da Cora Thiel e Oliver Ullrich. ”Siamo rimasti totalmente esterrefatti”, commentano i due autori della scoperta. In origine, infatti, i ricercatori avevano pensato di sfruttare il razzo della missione Texus-49 (lanciata nel marzo del 2011 dal centro Esrange dell’Agenzia spaziale europea a Kiruna, in Svezia) per mettere alla prova la resistenza in condizioni estreme delle cosiddette ‘biofirme’, ovvero ”le molecole che possono provare l’esistenza presente o passata di vita extraterrestre”.

Per questo avevano attaccato molecole artificiali di Dna sul razzo in corrispondenza di tre punti dello scudo esterno, che durante il volo protegge il veicolo da temperature che possono superare anche i 1.000 gradi. Al rientro del razzo nell’atmosfera terrestre, la sorpresa: ”non ci saremmo mai aspettati di recuperare così tanto Dna ancora intatto e funzionale”, affermano Thiel e Ullrich. Tra lemolecole ritrovate, addirittura il 35% era ancora in grado di espletare le proprie funzioni bologiche, trasferendo correttamente le informazioni genetiche una volta inserite all’interno di cellule coltivate in laboratorio.

La scoperta apre scenari affascinanti per la ricerca di forme di vita extraterrestre, ma insinua anche pesanti dubbi sulle attuali missioni spaziali. Thiel e Ullrich si dicono infatti ”preoccupati” per il rischio concreto che sonde spaziali, lander e rover si trasformino in ‘untori’ capaci di contaminare con Dna terrestre altri pianeti.