Federica Bertocchini scopre il bruco mangia-plastica ma…rimarrà senza lavoro il 28 aprile

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Aprile 2017 - 10:48 OLTRE 6 MESI FA
Federica Bertocchini scopre il bruco mangia-plastica ma...rimarrà senza lavoro il 28 aprile

Federica Bertocchini scopre il bruco mangia-plastica ma…rimarrà senza lavoro il 28 aprile

LIVORNO – Ha scoperto il bruco che mangia la plastica, ma già il 28 aprile rimarrà senza lavoro. Federica Bertocchini, ricercatrice di 49 anni e originaria di Piombino, è al suo ultimo giorno di lavoro all’Istituto di biomedicina e biotecnologia del Cnr spagnolo, a Santander. Una scoperta che l’ha resa celebre in questi giorni avvenuta per caso, ma che è promettente per risolvere il problema dell’inquinamento da plastica, che crea vere e proprie isole di rifiuti negli oceani.

Nonostante gli ultimi 20 anni passati da cervello in fuga, Federica è ancora una ricercatrice precaria e dopo l’articolo il 28 aprile scadrà il suo contratto in Spagna. Scrie Stefano Taglione sul quotidiano Il Tirreno:

“Federica parla dal suo ufficio del Cnr spagnolo. È precaria, raggiante per la scoperta a cui lavora dal 2012: di lei, dopo la pubblicazione del suo studio su Current Biology, hanno parlato dall’America all’Australia. Ma ora la ricercatrice, a quasi 50 anni, dovrà cercarsi un lavoro. Il suo contratto è in scadenza e in Spagna i concorsi sono rari, tanto che all’unico bandito negli ultimi anni, per un posto, si sono presentate centinaia di persone.

E non è riuscita a vincerlo.
«Molti ricercatori avevano un curriculum migliore del mio. In Spagna tante persone, bravissime, non riescono a trovare lavoro. Come in Italia, purtroppo»”.

 

La Bertocchini lavora da 7 anni in Spagna, ma si occupa di altro e racconta la sua scoperta avvenuta per caso, quando ha messo le larve della tarma della cera in un sacchetto di plastica e le ha trovate sparse per la sua cucina, con la busta bucata:

“E allora come si è imbattuta in questo bruco così goloso di plastica?

«Dieci anni fa, parlando con il mio collega Paolo Bombelli che vive a Londra e con il quale ho lavorato per anni proprio in Inghilterra, fantasticavamo su quest’ipotesi. Eravamo convinti che esistesse un animale in grado di distruggere la plastica. Avevo provato perfino a rinchiudere le chiocciole in una busta della spesa, ma sono rimaste lì, non l’hanno mica rotta».

Poi ci ha riprovato col baco da cera…
«Ed è andata bene. Io sono appassionata di api: le ho qui in Spagna, ma anche a Piombino. Mentre ero a casa e pulivo l’alveare, nel dicembre del 2012, mi sono imbattuta in questi bruchi. Erano tantissimi e per evitare che invadessero il mio appartamento li ho rinchiusi in un sacchetto per poi buttarli nella spazzatura».

Ma non li ha gettati subito.
«No, prima sono andata al lavoro. Poi, tornata a casa, ho scoperto che avevano bucato il sacchetto e scorrazzavano dappertutto. Al di là del fastidio, perché erano arrivati fin sotto alle lenzuola del mio letto e sui vestiti, ho capito subito di aver scoperto ciò che cercavo da anni»”.

I bruchi in realtà non mangiano la plastica, ma la degradano e rompono il legame chimico del polietilene. Una scoperta che, assicura Federica Bertocchini, è destinata a portare grandi novità:

“«Il bruco trasforma il polietilene in molecole più piccole. E per altro lo fa molto velocemente, bastano una ventina di minuti. Potremmo distruggere una volta per tutte le isole di plastica degli oceani e ridurre i rifiuti nelle discariche. Ci vorrà tempo, perché lo studio è solo nella sua fase iniziale, ma l’obiettivo è riprodurre la molecola in laboratorio, non certo fare scorta di bachi per combattere l’inquinamento»”.

Alla scadenza del contratto, la ricercatrice non sa se è pronta a tornare in Italia:

“«Non lo so. Vent’anni fa ho abbandonato il mio Paese perché volevo arricchirmi dal punto di vista professionale e una decina di anni fa, dopo esperienze a New York e Londra, ho anche provato a rientrare. Se ricevessi un’offerta da Pisa, ad esempio, ci potrei pensare, nonostante qui io stia bene. Dovrò valutare l’eventuale offerta di lavoro».

Sì all’Italia, ma non a qualunque costo. Giusto?
«Sì. Non lo nascondo, la Toscana mi manca molto e a Piombino torno volentieri per rivedere la mia famiglia. Per ora sono in Spagna: spero di trovare dei finanziamenti per la ricerca e che il Cnr mi aiuti. Anche qui tanti professionisti volenterosi sono costretti a scappare all’estero perché non c’è lavoro»”.