Missione spaziale Osiris-Rex, caccia all’asteroide “Bennu”, Massimo Teodorani, astrofisico, spiega

di Francesca Cavaliere
Pubblicato il 15 Settembre 2016 - 07:36 OLTRE 6 MESI FA
L'astrofisico Massimo Teodorani

Missione spaziale Osiris-Rex, caccia all’asteroide “Bennu”, Massimo Teodorani, astrofosico, spiega

 Missione spaziale Osiris-Rex: la sonda interplanetaria della Nasa è in volo nello spazio per raggiungere, fra due anni, l’asteroide Bennu in rotta verso la Terra. Se ci sarà lo scontro, l’effetto sarà quello di una superbomba nucleare di 1200 Megatoni, 100 volte più potente delle più potenti bombe all’idrogeno disponibili oggi.

Ma non ci dobbiamo allarmare, avverte l’astrofisico Massimo Teodorani. C’è solo una probabilità su 2700 che l’impatto avvenga e soprattutto, se ci sarà lo scontro fra la Terra e l’asteroide Bennu, questo avverrà solo verso il 2180, cioè fra 164 anni da questo 2016 già abbastanza tormentato.

Anche allora non sarà la fine del mondo, il genere umano non sarà “spazzato via”, come hanno scritto in Inghilterra .

L’asteroide Bennu, spiega Massimo Teodorani, “è un asteroide che vagabonda nel sistema solare e che ha solo una piccola probabilità di colpire la Terra”.

Nel prossimo secolo e mezzo, Teodorani è anche certo che, noi e i nostri eredi, saremo in grado di mettere a punto dei sistemi di difesa (spinta cinetica, Laser e detonazioni nucleari) capaci di fargli deviare la sua orbita prima che tocchi la Terra.

Per conoscerlo meglio e lasciare tutte le cose in ordine per le future generazioni, l’8 settembre è partita dallo spazioporto di Cape Canaveral, in Florida, la sonda interplanetaria della Nasa Osiris-REx che dovrebbe raggiungere l’asteroide tra circa due anni, nel 2018.

L’asteroide Bennu, spiega ancora Teodorani, “appartenente alla classe dei NEO (Near Earth Asteroids) è un asteroide del diametro di 500 metri ed è stato scoperto nel 1999. In base a calcoli orbitali relativamente recenti si è rilevato che esso è tra i possibili candidati a impattare il nostro pianeta. Ma si fa per dire, dato che in questo specifico caso la probabilità di impatto per ora stimata è solamente una su 2700. Per cui l’allarmismo di larga parte dei media su questo tema è (per ora) del tutto ingiustificato”.

Massimo Teodorani, 59 anni, laureato in Astronomia, dottorato di ricerca in Fisica Stellare, ha lavorato presso gli Osservatori Astronomici di Bologna e Napoli e presso la Stazione Radioastronomica di Medicina (CNR). E’ coinvolto nel progetto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), un programma dedicato alla ricerca della vita intelligente extraterrestre abbastanza evoluta da poter inviare segnali radio nel cosmo. E’ autore e coautore di molte pubblicazioni su argomenti di fisica e astrofisica. Come divulgatore scientifico ha scritto 18 libri, svariati articoli e biografie di scienziati.

Che cosa farà la sonda Osiris-Rex  una volta raggiunto l’asteroide? Questo avverrà tra due anni, nel 2018. A quel punto la sonda

“entrerà in orbita per altri due anni con lo scopo di effettuare delle misurazioni, soprattutto sull’effetto che l’energia assorbita dalla luce solare possa modificare la rotazione e forse la traiettoria di questo asteroide. E’ evidente che questa misura è molto importante per capire quanto e come l’orbita di questo asteroide possa cambiare e di conseguenza come questi cambiamenti possano influire nell’aumentare o nel diminuire la probabilità di impatto sul nostro pianeta, che se accadesse sarebbe attorno al 2180. Ci saranno dunque 2 anni di tempo per raccogliere dati in gran quantità che permetteranno di capire se e quanto ci possano essere tali variazioni nei parametri dell’orbita (soprattutto) di questo asteroide. Nel 2020 la sonda farà poi una sortita del tipo “toccata e fuga” sull’asteroide, utilizzando uno speciale braccio robotico, per raccogliere campioni da analizzare successivamente. Infatti questi campioni saranno rispediti verso Terra in una capsula, che atterrerà con paracadute verso il 2023”.

Non sembra una cosa tanto semplice, almeno non lo è agli occhi dei profani…Riuscire a portare campioni a terra, conferma Teodorani,

“è una notevole impresa che però, a mio modesto parere, ha un peso molto più ingegneristico che scientifico. Infatti l’analisi della composizione chimica del materiale potrebbe essere fatta tranquillamente in loco esattamente come il robot Curiosity fa su Marte. Inoltre la composizione spettrochimica potrebbe essere analizzata anche facendo impattare un pezzo di sonda la cui energia cinetica si trasformerebbe in energia termica, cosa che permetterebbe di ottenere spettri direttamente dall’orbita e senza scendere sulla superficie. In ogni caso l’analisi dei campioni ottenuti, di natura sia organica che inorganica, ci aiuterà a comprendere le origini del nostro sistema solare, cercando di capire tutte le fasi che l’asteroide ha attraversato nel corso della sua esistenza. Quindi si tratta prima di tutto di una missione con obiettivi marcatamente planetologici e astrofisici”.

Una probabilità di impatto su 2700…e se le probabilità di impatto dovessero aumentare?

“Nella super-pessimistica ipotesi che le probabilità di impatto col nostro pianeta aumentino in maniera preoccupante, questo impatto non sarebbe di quelli definitivi con annientamento globale dell’umanità, ma avrebbe effetti solo locali anche se molto estesi, con distruzione enorme e sicuramente diversi milioni di morti. Una volta note la massa e la velocità dell’asteroide l’energia che si può calcolare è proporzionale alla massa moltiplicata per il quadrato della velocità. Ma questa energia cinetica si trasformerebbe immediatamente in energia termica producendo un effetto pari ad una superbomba nucleare di 1200 Megatoni, ovvero 100 volte più potente delle più potenti bombe all’idrogeno disponibili oggi negli arsenali nucleari delle superpotenze”.

Ci sarà un modo per difenderci o per evitarlo? Teodorani non sembra molto preoccupato:

“Nell’ipotesi che questo asteroide diventasse veramente un pericolo per noi, sono già oggi allo studio vari sistemi di difesa, che avremo sicuramente messo a punto e che saremo in grado di rendere pienamente operativi tra un secolo e mezzo. Pertanto ritengo proprio che nemmeno i nostri discendenti abbiano troppo di cui preoccuparsi nell’ipotesi pessimistica che questo asteroide dovesse minacciare di impattare la Terra. E poi si tratta di un asteroide decisamente piccolo, che non dovrebbe richiedere troppa energia da parte nostra per neutralizzare l’effetto della sua massa nel caso tendesse ad impattare il pianeta. Dovremmo invece preoccuparci se questo avvenisse da asteroidi del diametro di 10 Km (venti volte più grandi di Bennu), della stessa classe di quelli che milioni di anni fa annientarono i dinosauri sulla superficie della Terra. In questo caso la distruzione del pianeta sarebbe pressoché totale. Eppure non escludo che nel medio-lungo termine l’umanità possa essere in grado di fronteggiare anche minacce del genere”.
I nomi dati all’asteroide e alla sonda sono Bennu, una divinità dell’antico Egitto associata alla rinascita e OSIRIS REx, che richiama il dio egiziano della morte e dell’oltretomba associato spesso al concetto di rinascita: Lei crede che questa missione nasca sotto buoni auspici, se si può parlare di auspici ad un uomo di scienza?
“Il nome “Bennu”, poi scelto dalla Planetary Society, è stato proposto da Mike Puzio, un bambino americano di 9 anni, il quale nella sua fantasia immaginativa ha visto una somiglianza tra il braccio meccanico e i pannelli solari della sonda e il collo e le ali che appaiono nei disegni di Bennu, rappresentato dagli antichi Egiziani come un airone cinerino. Il nome della sonda OSIRIS REx, si armonizza molto bene con il nome dell’asteroide da esplorare ed è l’acronimo inglese di “Origins Spectral Interpretation Resource Identification Security Regolith Explorer”, che contiene una serie di termini che riassumono i vari obiettivi scientifici della missione: studio delle origini del sistema solare, analisi spettroscopica del materiale, valutazione del pericolo rappresentato dall’asteroide stesso, e analisi dei Regoliti, che caratterizzano le polveri superficiali di questo tipo di asteroide carbonaceo. Per quel che riguarda la missione nella sua globalità, certamente essa nasce sotto i migliori auspici per quello che riguarda i tre aspetti fondamentali di ingegneria spaziale, investigazione scientifica e valutazione della eventuale minaccia per il nostro pianeta”.