Parla italiano la prima mappa della Via Lattea

Pubblicato il 6 Maggio 2010 - 14:52 OLTRE 6 MESI FA

Via Lattea

La mappa della Via Lattea parla italiano. Le immagini catturate dal più grande dei telescopi spaziali, Herschel, lanciato un anno fa dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa), e i 130 astronomi di tutto il mondo che vi lavorano sono coordinati dall’italiano Sergio Molinari, dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Ifsi-Inaf).

“Le prime immagini sono state mostrate oggi e sono sbalorditive. Stiamo lavorando alla mappa della parte più interna della galassia, più calda e turbolenta, fino a sfiorare la periferia, più tranquilla e dove si formano meno stelle”, ha detto Molinari a margine della conferenza stampa organizzata oggi in a Noordwijk (Olanda), nel centro di ricerca dell’Esa. La porzione della galassia esplorata nel progetto si estende da 8.000 fino a 30.000 anni luce.

Al progetto, chiamato Hi-Gal (Herschel Infrared Galactic plane survey), l’Italia partecipa grazie al finanziamento dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) insieme, per l’Inaf, all’osservatorio di Arcetri e l’università di Padova. “Gli strumenti stanno lavorando benissimo”, ha detto ancora Molinari, e promettono di rispondere alla domanda chiave gli rivolgono i ricercatori: “Vogliamo capire perché nella galassia c’è questa diversità fra i centro, così attivo, e la periferia, quali sono le condizioni che fanno sì che la formazione delle nuove stelle avvenga nella zona centrale”.

Proprio come nelle città, vita e movimento si trovano al centro, ma adesso i ricercatori vogliono sapere perché: “E’ una sfida capire come avviene la formazione delle stelle, soprattutto per le più grandi”, ha detto il coordinatore del progetto. “La cosa sbalorditiva – ha concluso – è avere in un’unica immagine tutto il ciclo vitale delle stelle”: dalla macchia rossastra della materia più fredda (quasi vicina allo zero assoluto) indispensabile per “accendere” una stella, alla ragnatela di filamenti che funzionano come incubatori nei quali gli embrioni delle stelle possono crescere nelle condizioni ottimali. “Poter avere finalmente dati come questi – ha concluso – significa poter capire l’evoluzione delle glassie”.