Trapanare il cranio, la pratica medica più usata dagli antichi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Giugno 2018 - 06:30 OLTRE 6 MESI FA

Trapanare il cranio, la pratica medica più usata dagli antichi

ROMA – Molto prima dell’introduzione dell’anestesia e strumenti chirurgici di precisione, nel tentativo di sconfiggere le malattie, gli esseri umani eseguivano interventi complessi, trapanavano ad esempio il cranio per guarire qualsiasi disturbo, dal mal di testa alle lesioni o sospetta possessione demoniaca. [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] In Perù sono stati trovati centinaia di teschi risalenti al 400 a.C. con fori che indicano la trapanazione.

Nonostante i metodi rozzi, sembra che i neurochirurghi dell’epoca fossero esperti: durante l’impero Inca, il tasso di sopravvivenza a seguito dell’intervento è il doppio di quello ottenuto secoli dopo durante la Guerra Civile Americana, come osservato da David S. Kushner, professore di fisica medica e riabilitazione presso l’University of Miami.

Nel periodo inca, il tasso di mortalità era tra il 17 e il 25% e durante la guerra civile era tra il 46 e il 56%. “E’ una grande differenza. La domanda è: come hanno fatto i chirurghi peruviani a superare di gran lunga quelli della guerra civile americana?”.

Secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista World Neurosurgery, più di 800 teschi trovati negli altipiani andini del Perù mostrano segni di trapanazione, con uno o più fori praticati chirurgicamente. Anche se è noto che questa pratica era adottata in tutto il mondo, gli esperti sostengono che nessuna area riesce ancora ad eguagliare i risulatati ottenuti in Perù, scrive il Daily Mail.

Le centinaia di teschi, scoperti per la maggior parte nelle grotte di sepoltura durante gli scavi nel tardo 1800 e all’inizio del 1900, rappresentano più crani trapanati di tutti quelli che, messi insieme, sono presenti nel resto del mondo. Il successo di questi interventi chirurgici, secondo i ricercatori, è nell’igiene che, probabilmente, ha avuto un ruolo fondamentale ma non solo, in quasi duemila anni i chirurghi peruviani raffinarono le loro tecniche per causare il minor danno possibile.

Non si può dire lo stesso dei chirurghi della Guerra Civile Americana che spesso usavano strumenti non sterilizzati e toccavano le ferite della testa a mani nude. I ricercatori sono stati in grado di valutare la sopravvivenza dei pazienti sulla base di prove della guarigione; in situazioni in cui non era presente, presumevano che il paziente fosse morto durante o subito dopo l’intervento.

“In presenza di un’apertura nel cranio, inserivano un dito nella ferita ed esplorato per verificare la formazione di grumi o la presenza di frammenti di ossa”, ha detto Kushner, riferendosi agli interventi chirurgici dell’epoca della Guerra Civile. “Non sappiamo come gli antichi peruviani abbiano impedito l’infezione ma sembra abbiano fatto un buon lavoro, né conosciamo l’anestetico ma tra i tanti presenti all’epoca, potrebbero aver utilizzato delle foglie di coca”.Durante il periodo Inca, la sopravvivenza era in media del 75-83%.