Lucia Annunziata all’Huffington Post: l’analogica che turba i digitali

di Francesca Quaratino
Pubblicato il 10 Maggio 2012 - 07:40| Aggiornato il 25 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

La notizia della nomina di Lucia Annunziata alla guida dell’Huffington Post Italia sta generando una strepitosa serie di commenti al limite della follia sociale.
Il caso è noto e qualora non lo fosse, questa è la storia. L’Huffington è un blog statunitense fondato nel 2005 da Arianna Huffington, Kenneth Lerer e Jonah Peretti, è uno dei siti più seguiti del mondo e ha ospitato articoli di Barack Obama, Hillary Clinton, Michael Moore, Madonna, Larry David, Nora Ephron e Nancy Pelosi (ci conferma Wikipedia).
Questo è l'”oro”. Poi c’è anche da ricordare che ad aprile 2011 l’Huffington Post è stato citato in giudizio per milioni di dollari da parte di migliaia di blogger non
retribuiti per il prorpio lavoro.
L’edizione italiana partirà a settembre, sarà curata dal Gruppo Espresso e diretta, come si sa da 24 ore, da Lucia Annunziata.

Eppure la nomina sembra risuonare come scandalosa da chi si mette il cappello da “Popolo della Rete”. La ragione dichiarata è che la Annunziata sarebbe una donna “analogica” chiamata a dirigere un giornale digitale. A testimonianza dellla analogicità – e del complesso di colpe che conterrebbe intrinsecamente – si porta in aula la prova delle prove: la Annunziata non ha un profilo Twitter.

Cosa abbiamo fatto di male per essere diventati stupidi come un monoteista di maggioranza? Ditecelo.
Diteci in quale giorno, mese, anno, abbiamo stabilito che nelle aule dei tribunali social campeggiasse la scritta “Il narcisismo è uguale per tutti”? Diteci anche questo.

La Annunziata è una giornalista che va a dirigere un giornale. Dove è lo scandalo? Nel fatto che il giornale è digitale mentre lei ha scritto per la carta e diretto un telegiornale nazionale? Pensiamo forse che la signora Lucia (classe 1950 e una discreta pellaccia da vendere) non sarà in grado di circondarsi di collaboratori che la aiuteranno nella sfida? Con il gruppo Espresso alle spalle?
Qualcosa non torna. Verrebbe da dire che ci starebbe bene un’analisi ma l’analisi, si sa, è cosa che si fa a posteriori.
Non si può essere pregiudizialmente così ottusi. Soprattutto se si è il “Popolo della Rete”, quello che tutto sa, tutto ascolta, tutto segue, tutto asseconda quando si tratta di informazione.

Allora forse il problema è un altro e ha a che fare con l’emotività sconnessa della mia generazione (classe ’74, per dare qualche coordinata). E’ solo un fottutissimo problema di autostima: messa la curiosità sotto i piedi per paura di essere divorati dalla generazione precedente, la si è sostituita con il retweet compulsivo: “guardami, vedimi, dimmi che esisto”. Si naviga verso la piaga sociale: tra 10 anni la classe dirigente non sarà preparata a nulla di diverso che a fare la fila per il casting da olgettine dell’intelletto. Non va bene.

Quella contro l’Annunziata è una tesi odiosa che non fa onore alla nostra generazione. Si struttura sulle scuse mediocri di quanti, nella oggettiva semplicità (oggettiva, signori, impara anche una scimmia) di “fare web e essere sul web”, nascondono una sostanziale inadeguatezza. Una inadeguatezza che le vecchie (nemmeno tanto, poi) signore analogiche come la Annunziata non fanno altro che mettere in evidenza.
La sfida non è la sua. La sfida è la nostra. Vince chi riesce a dialogare con la generazione della Annunziata raccogliendone l’esperienza.
Oppure continueremo a scrivere biografie in cui raccontiamo del nostro rapporto edipico con il primo Commodore 64. Roba da classe dirigente protagonista di una serie tv.

@fraq