Ig Nobel: premiata ricerca italiana che “prima fa ridere e poi pensare”

Pubblicato il 10 Ottobre 2010 - 01:05 OLTRE 6 MESI FA

“Le ricerche improbabili sono quelle che fanno prima ridere, poi pensare”. Con questa premessa ogni anno si svolge la cerimonia degli Ig Nobel, la parodia dei premi Nobel, che vengono assegnati a quelle ricerche improbabili e che suscitano la nostra risata, per poi lasciarci perplessi a riflettere su quanto letto.

Si potrebbe pensare che vincere una di queste onorificenze non sia il massimo dell’aspirazione per uno scienziato, che vi ha dedicato tempo ed energie, ma il mondo della scienza sa ridere di sé ed ogni anno la cerimonia ospita importanti personaggi della comunità scientifica, spesso vincitori di premi Nobel (quelli veri), che dalla platea o dal palco ridono e condividono quanto scoperto, seppur appaia strano.

Capita così che nell’Italia in cui il sistema scolastico e la ricerca universitaria vengono demolite, tra riforme che vorrebbero essere a costo zero e finanziarie che sempre più minano la possibilità di mantenere nel “Bel Paese” le menti migliori, dall’estero arrivino riconoscimenti, scherzosi ma comunque tali: tre italiani hanno ricevuto nel Sanders Theater dell’università di Harvard il premio Ig Nobel in Management per aver dimostrato, con un modello matematico, che le organizzazioni divengono più efficienti se le promozioni al personale vengono distribuite casualmente.

La ricerca è una rivisitazione del principio di Laurence Peter, che nel 1969 postulò la teoria secondo cui in ogni gerarchia un dipendente tende a salire fino al proprio livello di incompentenza. Il ragionamento è semplice: ad ogni dipendente viene affidato un compito, se il compito è svolto correttamente il dipendente sarà promosso e l’assegnazione di compiti e le promozioni andranno avanti fino a quando non si arriverà ad un livello di competenza, o incompetenza, tale che non sarà più possibile adempiere al proprio compito ed ottenere in cambio la promozione.

Basandosi così su questa teoria Alessandro Pluchino e Andrea Rapisardi, del dipartimento di Fisica e Astronomia, e Cesare Garofalo, del dipartimento di sociologia dell’Università di Catania, hanno rivisitato il principio di Peter ed hanno ipotizzato degli scenari di promozione dei dipendenti che fossero basati in un caso sulla competenza per quel compito e sul miglior risultato, nell’altro assegnando le promozioni scegliendo casualmente tra i migliori ed i peggiori dipendenti della società.

La simulazione è stata realizzata prendendo in considerazione un campione di 160 dipendenti, classificati da parametri quali l’età e il livello di competenza, che viene individuato da caratteristiche quali la disponibilità, l’attenzione, l’efficienza, la produttività e la capacità di adempiere ad una nuova mansione sviluppando nuove abilità. La società, di carattere gerarchico, è organizzata in sei livelli, dove al sesto posto sono collocati i dipendenti che ricoprono una posizione che richiede il minimo livello di competenze, mentre al primo livello c’è a disposizione un solo posto che richiede il massimo grado di competenza.

La conclusione non sarà rassicurante per tutti coloro che lavorano molto e bene nella speranza dell’ambita promozione: la società ha tratto i maggiori benefici non nel promuovere i migliori soggetti in termini di competenze, ma promuovendo casualmente i proprio dipendenti, oppure scegliendo di volta in volta a caso tra il migliore ed il peggiore dipendente da assegnare a quella posizione.

Certo leggendo il titolo della ricerca e le sue premesse, un sorriso tende a stamparsi sul nostro volto, ma se ci fermiamo un attimo a pensare alla conclusione il sorriso lascerà il posto ad un amletico dubbio: per ottenere l’ambita e sospirata promozione dovrò impegnarmi e lavorare bene o aspettare che sia il turno di promozione del peggiore? La risposta, nel bene o nel male, va lasciata alla fortuna e alla nostra coscienza di dipendenti e lavoratori.