Stiamo vivendo nel secolo dei nonni. Nel 2030 due anziani per bambino

Pubblicato il 30 Gennaio 2012 - 10:25 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – L’Italia è un paese sempre più anziano, multirazziale, fatto di migrazioni interne e culle vuote. Quello che stiamo vivendo è il secolo dei nonni, anzi dei bisnonni, e secondo i dati dell’Istat nel 2030 ci saranno due anziani per ogni bambino. Già oggi un uomo di 65 anni può ragionevolmente attendersi di arrivare a compiere l’ottantatreesimo compleanno. Nella storia dell’umanità non è mai accaduto che la proporzione di persone sopra i 60 anni fosse superiore a una su venti. Adesso siamo arrivati a una su dieci, nel 2050 secondo le previsioni dell’Onu, saranno una su cinque.

Nell’insieme la popolazione del Belpaese è cresciuta, ed è arrivata a quasi 61 milioni. Ma gli italiani sono scesi sotto quota 56 milioni, con una perdita netta di 65 mila unità rispetto al primo gennaio dell’anno scorso, mentre gli stranieri sono arrivati a 4 milioni 859 mila (289 mila in più), e rappresentano ormai l’8% della popolazione complessiva. A fotografare come sta cambiando demograficamente il Paese è l’ Istat, che segnala anche come dal Sud Italia si continui a “emigrare” verso le regioni del Centro-nord.

A determinare il calo degli italiani è stata soprattutto la forbice che si allarga sempre di più tra nascite e morti: complessivamente nel nostro Paese nel 2011 sono nati 556 mila bambini, 6 mila in meno dell’anno precedente; mentre il numero delle persone morte è stato pari a 592 mila, 4 mila in più dell’anno precedente. Sono le donne straniere a fare più figli: ne hanno una media di due a testa a fronte di uno delle italiane, che oltretutto diventano mamme sempre più tardi (a 32 anni).

Italiani meno prolifici, ma sempre più longevi. La speranza di vita è cresciuta ulteriormente e ha raggiunto i 79 anni per gli uomini e gli 84 per le donne. E se dunque la popolazione femminile è ancora in vantaggio, quella maschile sta recuperando, visto che rispetto al 2008 guadagna in media mezzo anno di vita supplementare rispetto ai quattro mesi delle donne. Gli ottantenni costituiscono ormai il 6,1% della popolazione totale, e se la conta parte dai 65 anni, gli anziani rappresentano il 20% dei residenti. Risiedono soprattutto nel Nord-Est e nel centro del Paese; ed è chi vive nella provincia di Bolzano ad avere la speranza di vita più alta (80,5 anni gli uomini, e 85,8 le donne). Avanza anche l’esercito degli ultracentenari, che ha superato la soglia di 17 mila. Ben 600 italiani hanno compiuto 105 anni e il più vecchio di tutti ha 113 anni e vive in Veneto.

Quello che allarma è che si tratti di un processo ormai irreversibile e incisivo, in quanto comporterà una vera e propria rivoluzione culturale che ci farà ripensare tutto, soprattutto le abitazioni. Perché, secondo i demografi, il futuro degli ultraottantenni non sarà l’ospizio: il vero traguardo è renderli autonomi abitanti di smarthome. Case a misura di anziano dove il cuscino del letto reagisce alla pressione e se l’anziano si alza di notte per andare in bagno, automaticamente si accendono le luci che lo accompagnano durante il tragitto.

Anche da un punto di vista più specificatamente esistenziale, se si mettono a confronto le generazioni, saranno i nipoti a essere più incerti sul domani. Il nuovo povero-tipo non è più la vecchina confinata in una soffitta buia, umida e fredda che tira avanti elemosinando minestre. Il nuovo povero è un giovane istruito, precario, peggio per lui se con moglie e figli. Anche in politica i futuri leader dovranno tener conto di questo zoccolo duro di elettori, capici di rivendicare le proprie esigenze e di continuare a darsi battaglia secondo ideologie vecchie e stereotipate. Così come in economia: l’Italia è sempre stata un paese di grande risparmio, ma i pensionati di regola, risparmiano meno di quanto faccia chi ancora lavora.