La maledizione dell’onore pakistano: Jamila ritirata dalla scuola perché troppo bella

di Riccardo Galli
Pubblicato il 15 Aprile 2011 - 14:51 OLTRE 6 MESI FA

BRESCIA – Di motivi per non voler andare a scuola gli adolescenti ne hanno molti. Di motivi per voler che i figli frequentino la scuola i genitori ne hanno altrettanti. E ancor di più ne hanno o ne dovrebbero avere i genitori immigrati nella speranza che i loro figli si integrino. Ma la storia di Jamila è una storia al contrario, come purtroppo ce ne sono molte. E’ la storia di una ragazza pakistana che vuole andare a scuola, che vuole studiare, e della sua famiglia che invece la tiene chiusa in casa. Segregata tra quattro mura, rea di essere troppo bella. Colpevole di suscitare l’attenzione dei suoi compagni di classe maschi. Quello che per una ragazza italiana è spesso un obbiettivo e un’aspirazione, piacere, è per una ragazza pakistana una macchia intollerabile.

Jamila però – il nome è di fantasia ma la storia è dolorosamente vera –, a differenza di alcune protagoniste di storie simili come Hina Saleem, la ventenne sua connazionale ribelle ai diktat del padre, che ha pagato con la vita l’autodeterminazione e ora è un simbolo per le giovani immigrate in lotta, non è una ribelle. Veste l’abito tradizionale, ha il capo coperto dal hijab. “Jamila non è così. Appare rassegnata. Mi ha solo confidato che è duro essere pakistana: non si è libere di fare, di dire, di andare. Lei vorrebbe vivere per sé, invece le tocca vivere in nome dell’onore”, racconta uno dei suoi professori. Pur rimanendo defilata e muovendosi sempre in gruppo per non dare nell’occhio, pur indossando sempre il velo Jamila pare faccia strage di cuori. Un fatto normale, fisiologico e sano quando si è adolescenti e non solo. Ma anche una innocente e involontaria attrazione suscitata appare come una macchia sul curriculum di una donna promessa a un cugino che vive in Pakistan. Troppo, evidentemente. A dispetto del velo, la sua bellezza risulta sconveniente per la famiglia, che per l’ennesima volta l’ha ritirata da scuola e segregata in casa con la minaccia di rispedirla in Pakistan.

Da almeno due settimana non la si vede a scuola, un istituto professionale di Brescia, e gli insegnati, preoccupati, hanno tentato più volte di contattare la famiglia, sapendo già però qual’era la causa delle assenze. Non è infatti la prima volta che a Jamila viene negato il permesso di frequentare le lezioni e per questo, per le troppe assenze, ha già perso alcuni anni scolastici. Uno dei professori della giovane decide così di rendere la storia pubblica, sperando di lanciare un messaggio, scrive una lettera ad un quotidiano locale, BresciaOggi. Il professore, che insegna ad una classe di 26 ragazzi, di cui solo quattro italiani, mette nero su bianco “il senso d’impotenza per una ingiustizia. Quando l’abbiamo vista sparire ci siamo detti “ecco, ci risiamo”, spiega il professore che chiede l’anonimato per proteggere la privacy dell’allieva. “Dolce, sensibilissima, dall’intelligenza cristallina, dalla voglia di studiare e di capire encomiabili”. Dopo un avvio scolastico difficoltoso a causa della lingua Jamila si risolleva da sola, e a fine quadrimestre vanta una pagella immacolata. “Merito di una curiosità e di una costanza inarrestabili”. Una bella storia, una felice storia d’integrazione, se non fosse per la famiglia e, in particolare, per la cultura maschilista e retriva della famiglia di Jamila. I fratelli hanno saputo dell’interesse destato tra i compagni maschi. E l’hanno giudicato inaccetabile.

“All’inizio sospettavamo l’avessero rispedita nel suo Paese – continua il professore che ammette di aver lasciato almeno 40 messaggi sulla segreteria del telefono dei genitori – . Alle amiche aveva confidato di temere un rientro forzato. Invece da un paio di giorni si è scoperto che è relegata in casa. Le compagne le mandano ricariche di cellulare per evitare che rimanga isolata. Ogni tanto arrivano aggiornamenti via sms”.

E se Jamila non tornerà in classe tra poco non saranno solo i genitori a volerla rispedire in Pakistan, perché, come ricorda il professore, anche se Jamila è già iscritta al prossimo anno scolastico, “ha il permesso di soggiorno in scadenza, per il rinnovo serve l’attestazione di frequenza della scuola”.